Al tavolo dell'Atletica, si riapre il fascicolo doping. La cornice del Golden Gala cede il passo a una positività pesante. Le mirabolanti prestazioni romane sfumano all'orizzonte, mentre prende corpo l'ennesima rivoluzione. Nesta Carter sul banco degli imputati. La positività risale all'Olimpiade di Pechino, anno 2008. I nuovi controlli antidoping del Cio pizzicano, con preoccupante continuità, atleti di primo piano.
Nesta Carter è un esperto velocista, un punto fermo della staffetta giamaicana. A Pechino, in pista sia in batteria che in finale, valletto perfetto di sua maestà Usain Bolt. Metilxaneamina, questa la sostanza proibita. Uno stimolante. Tra i sei e i dodici mesi il fermo. Carter può ricorrere ora a tutti i gradi di giudizio, ma l'oro è appeso a un filo.
Medaglia in bilico anche per i compagni di Pechino. Frater, Powell e Bolt, tutti a rischio, in questi casi il ritiro è di gruppo, con conseguente cambio di classifica. Senza la Giamaica, titolo olimpico a Trinidad & Tobago, argento al Giappone, bronzo al Brasile.
Per Carter, protagonista anche ai Giochi di Londra, tramonta anche il sogno Rio. "L'obiettivo è impedire ai medagliati positivi a distanza di gareggiare a Rio", questo il pensiero di Adams, portavoce del Cio.
Dopo il caso - Chicherova, ad acuire le difficoltà della Russia, un nuovo tifone investe la realtà principe dell'Atletica. La Giamaica, isola felice, torna al centro del dibattito, il movimento si lecca le ferite e cerca una soluzione congrua. Non semplice.