Chi va dall'orafo, chi dal falegname. Chi racconta una favola, chi invece deve riporre in una valigia piena di lacrime un sogno olimpico accarezzato per quattro anni e svanito sul più bello. Chi si insedia al trono e chi abdica, lottando, con orgoglio, piazzando la zampata della Campionessa. Sochi 204 è staot un caleidoscopio di volti ed emozioni per le protagoniste dello sci alpino.

E allora non può che gongolare Tina Maze, mentre si gode le sue due medaglie d'oro arrivate in quella che sembrava la sua stagione peggiore. L'anno scorso vittorie su vittorie, sbancando Coppa del Mondo e Mondiali, Quest'anno una Maze che sembrava irriconoscibile, persa nei suoi pensieri negativi e dalle troppe aspettative che lei stessa si poneva dopo aver stracciato ogni record possibile e immaginabile nella passata stagione. Ma poi arriva il grande appuntamento e l'istinto della Campionessa si risveglia, l'interruttore messo di nuovo in modalità on e tanti saluti alle avversarie. Eppure l'avventura a Sochi non era cominciata nel migliore dei modi per lei, con un quarto posto in Super Combinata per soli undici centesimi. Una beffa atroce per lei, che vorrebbe vincere sempre e comunque, fosse anche una partita di canasta giocata a scopo benefico. La sua espressione di pietra, a stento celata da un paio di vistosi occhiali da sole, la diceva tutta sul suo stato d'animo in quel momento. Niente a che vedere con il sorriso raggiante che aveva dopo il trionfo in discesa libera e dopo il bis nello slalom gigante: perché Tina è fatta così, al limite dell'intrattabile quando perde, uno sballo quando è di ottimo umore. E se arrivano due ori olimpici, allora è subito Maze-show, contagioso, virale. Quel "Ho vinto discesa!" gridato al suo fidanzato/preparatore Andrea Massi ha un che di romanticamente fanciullesco e rimane forse una delle più belle espressioni di gioia estemporanea di questa Olimpiade.

Nel giorno della sua consacrazione fra le leggende dello sci alpino, c'è spazio anche per la bella favola della svizzera Dominique Gisin, oro ex-aequo proprio con la slovena in discesa libera (foto, GettyImages). Un premio che è una ricompensa per una carriera molto sfortunata, fatta di poche gioie ma tante dolorose cadute fra quella, da brividi, rimediata quattro anni fa sulla pista di Witslher. Senza dimenticare il grave infortunio al ginocchio rimediato nel 2007 e che ha fortemente limitato la sua carriera agonistica. Per una volta la dolce Dominique ha pianto di gioia, mentre su gustava ogni nota dell'inno svizzero, che quel giorno suonava per lei e non per la più quotata Lara Gut, che si è dovuta accontentare di un terzo posto che sul momento le ha lasciato dentro tanta tanta rabbia. La ticinese è di certo una fra le più deluse di Sochi 2014: è vero, è tornata a casa comunque con una medaglia, ma le sue lacrime al parterre dopo l'uscita nella super combinata è stato un colpo al cuore per i molti tifosi della bella ticinese, che ha poi rimediato un beffardo quarto posto nel Super G ed è finita lontana dal podio in gigante.

Ancora peggio è andata a Tina Weirhater, che ha dovuto nuovamente chinare il capo di fronte a una iella che sembra essere diventata ormai parte del suo bagaglio personale. Perché a volte, per mandare un sogno, non è necessario il grave infortunio: è sufficiente una dolorosa contusione ossea, rimediata nel momento sbagliato e nel posto sbagliato - ovvero nella prima prova cronometrata della discesa libera olimpica - per mandare in fumo un giorno atteso da quattro anni. Una brutta botta per la ragazza del Liechtenstein, già troppe volte vittima di gravi infortuni nel corso della sua carriera. E in questa stagione, in cui la rogna sembrava aver allentato un po' le sue tenaglie permettendo a Tina di mettere in pista tutto il suo talento, la tavola sembrava ben apparecchiata per servire la portata principale, quella medaglia Olimpica che avrebbe dato lustro sportivo al piccolo paese mitteleuropeo. E invece la figlia di Harti Weirhater e Hanni Wenzel si iscrive all'album delle protagoniste mancate di questi giochi, ultima on ordine di tempo di una lista che comprendeva già i nomi di Lindsey Vonn, Tessa Worley e della nostra Sofia Goggia.

Tornano a casa felici anche Anna Fenninger, Maria Riesch e Julia Mancuso. Tre campionesse straordinarie, diversissime nel loro essere fuoriclasse. L'austriaca è la new age che avanza, le nuove leve dello sci alpino che pian piano arrivano a soppiantare la vecchia guardia. L'austriaca è tornata a ruggire come quei ghepardi per i quali si batte affinché vengano salvaguardati, con scatti sensuali che ne evidenziano tutta la sua bellezza. Una campionessa straordinaria che torna a casa da Sochi con l'alloro del Super G e con un argento in gigante, propellente straordinario per la lotta alla Coppa del Mondo. Laddove svetta, sorniona, Maria Riesch, che fa back to back in Super Combinata e centra la pizza d'onore nel giorno del trionfo della Fenninger. Due medaglie che si vanno ad aggiungere a una collezione invidiabile, frutto di una carriera sempre condotta ad altissimo livello. Julia Mancuso è invece forse la più inattesa fra le medagliate di Sochi: perchè vista la stagione sin qui disputata dalla fuoriclasse di Squaw Valley, era dura pronosticare un simile risultato. Ma quando sente profumo di grande evento, Julia si trasforma e diventa implacabile cacciatrice di medaglie: Campionessa Olimpica aTorino 2006 in slalom gigante, argento e bronzo a Vancouver rispettivamente in discesa libera e Super Combinata, bronzo a Sochi ancora in Super Combinata. Successi da brindare strimpellando la chitarra con Laurenne Ross e compagne di squadra, o surfando sulle onde dei mari del mondo. Mar Nero compreso, così vicino a Sochi per resistere alla tentazione di lasciare scarponi e sci al villaggio e farsi una cavalcata sulla tavola.

Studia da leggenda Mikaela Shiffrin: per lei anche la parola fenomeno comincia a essere stretta. Perchè se gestisci la pressione di un Olimpiade con quella freddezza a solo diciotto anni, gli aggettivi cominciano un po' a scarseggiare. Venerdì, nell'atto conclusivo dello sci alpino femminile olimpico, ha chiuso la porta in faccia a un'altra rimonta incredibile di Sua Maestà Marlies Schild, per la quale l'oro olimpico è rimasto ancora una volta tabù. Prima di lasciare il trono però. Marlies ha lottato e ha messo giù una seconda manche entusiasmante, risalendo dalla sesta alla seconda posizione quando ben pochi erano pronti a scommettere su una sua medaglia. E' arrivato l'argento, comunque un gran riconoscimento per chi comanda la classifica all time di vittorie in slalom di Coppa del Mondo.

Da ultimo l'Italia, che mastica amaro per i due quarti posti beffardi rimediati da Nadia Fanchini e Daniela Merighetti, accomunate dall'origine e da una "medaglia di legno" che fa davvero male. Arrivare quarta pur facendo il terzo miglior tempo di gara: questo è ciò che il fato ha riservato alla Merighetti nella discesa libera. Una gara affrontata con grande cuore, a maggior ragione dopo al caduta nella prima cronometrata che addirittura ne aveva messo in dubbio la partecipazione: ma la favola a lieto fine di Dominique Gisin e la prima giornata d'oro di Tina Maze hanno estromesso la bresciana dalla lotta per le medaglie. E c'è sempre lo zampino di Tina Maze nel quarto posto di Nadia Fanchini nello slalom gigante, vinto proprio dalla slovena davanti ad Anna Fenninger e alla ritrovata Viktoria Rebensburg. Questo è stato il podio nella gara che avrebbe dovuto essere di Federica Brignone e che invece per la milanese è durata lo spazio di poche porte prima della caduta che le è costato anche un leggere trauma distorsivo al ginocchio destro. Olimpiade da dimenticare invece per Chiara Costazza, per lei una gara già compromessa nella prima manche a causa di moltissimi errori.