Adesso è davvero finita, ammesso che prima ci fossero dei motivi per pensare che non lo fosse ancora. Il Palermo spreca l'ennesima chance per portare a casa i tre punti, e questa volta sembrava che la suddetta chance gliela stessero offrendo proprio gli avversari di giornata. Un Bologna che non aveva ormai più nulla da chiedere ad una stagione anonima ma comunque conclusa con la salvezza, era giunto al "Barbera" con l'intenzione di giocare con le debolezze di un avversario ancora in lotta, ma al tempo stesso sfiduciato e ricco di problemi interni, di natura tecnica, tattica e psicologica (in ordine sparso). Problemi che sono emersi ancora una volta, e in maniera ancor più netta, quando ci si è resi conto che nemmeno 70 minuti con l'uomo in più per la sciocca espulsione di Pulgar sono bastati ai rosanero per sbloccare il risultato e per ottenere tre punti che, alla lunga, sarebbero risultati comunque abbastanza inutili, visto il blitz dell'Empoli al "Franchi" di Firenze (con tanto di rigore a dir poco dubbio assegnato oltre il 90') che ha di fatto chiuso i giochi, almeno per quanto riguarda la formazione affidata una settimana fa a Diego Bortoluzzi.
Il tecnico veneto, arrivato in Sicilia sotto l'ala protettiva di uno come Francesco Guidolin, che da queste parti è simbolo di garanzia, ha fatto quello che qualunque allenatore catapultato all'improvviso in una realtà calcisticamente malata sarebbe stato in grado di fare: niente. Formazione quasi completamente confermata rispetto alle uscite sotto la guida di Diego Lopez, assenza pressochè totale di trame di gioco degne di nota, un Nestorovski sempre più solo e abbandonato al proprio destino a diversi metri dalla porta avversaria e con una difesa quasi sempre schierata da affrontare, e soprattutto i limiti caratteriali di una squadra ormai allo sbando che sono venuti fuori nella loro interezza. Con questo orizzonte a dir poco fosco, era impossibile pensare che il Palermo sarebbe venuto a capo di questa partita, nonostante i felsinei non opponessero chissà quale resistenza. Un paio di tentativi dalle parti di Fulignati, che dopo le incertezze contro Roma e Milan si era reso per una volta protagonista in positivo, ma poi gli uomini guidati da Donadoni erano tornati a svolgere il compitino sufficiente a portare a casa la pagnotta di giornata, ovvero un punto che muovesse la classifica.
Anzi, se vogliamo dirla tutta, fanno decisamente riflettere le dormite della difesa ospite che avevano spalancato la possibilità del gol al Palermo in due occasioni, entrambe a dir poco clamorose. E se nella prima circostanza un giocatore dal tasso tecnico e temperamentale di non poco conto come Diamanti, con una chance così ghiotta, non trovava di meglio da fare che ciccare clamorosamente il tocco davanti alla porta sguarnita, era forse ancor più incredibile l'errore di Sallai, capace di mancare la porta - anche in quel caso indifesa - da 4 o 5 metri e in condizioni di equilibrio tutto sommato favorevoli. Due simboli piuttosto chiari ed evidenti di una stagione da dimenticare - o comunque da tenere come esempio da non ripetere - ma anche due segnali del pessimo lavoro svolto sul mercato durante l'estate dell'anno scorso. Perchè se Diamanti rappresentava l'alternativa ai grandi vecchi lasciati partire con troppa leggerezza al termine del campionato precedente, Sallai avrebbe dovuto rappresentare il nuovo che avanza, il nuovo craque che avrebbe consentito al Palermo di trovare un giocatore subito spendibile in campo e capace poi di far fare cassa a Zamparini. Un investimento nemmeno troppo esoso sul piano economico, ma sicuramente sbagliato sul piano tecnico.
Cosa fare, allora, nelle restanti sei partite di un campionato ai limiti dell'imbarazzante? Praticamente impossibile recuperare dieci punti all'Empoli - con uno scontro diretto da ribaltare eventualmente all'ultima giornata - pertanto si può già iniziare a programmare la prossima stagione, in cui bisognerà ripartire con rinnovata fiducia e con un gruppo decisamente da rifondare per provare a risalire immediatamente dalla serie B. Allora diventa giusto, se non sacrosanto, ripartire da quei giovani che non sono stati ancora lanciati per provare ad agganciare l'ultimo treno per la salvezza, ma che ora possono giocare un ruolo importante proprio in chiave futura. E allora perchè non ripartire da Simone Lo Faso, gettato nella mischia a fine primo tempo sabato e capace di creare praticamente tutte le palle gol del Palermo, compresa quella gettata alle ortiche da Diamanti? Perchè non affidare i pali a Leonardo Marson, una delle stelle della formazione Primavera che l'anno scorso contese la Viareggio Cup alla Juventus fino al 90' inoltrato? Perchè non concedere minuti, vetrina ed esperienza a talenti cristallini come i difensori Simone Giuliano e Andrea Punzi, i centrocampisti Simone Santoro e Gennaro Ruggiero (ancora militante negli Allievi Nazionali) e al giovane ariete Vincenzo Plescia?
Con la speranza che Diego Bortoluzzi ci pensi, magari a partire dalla trasferta sul campo della Lazio che però cerca riscatto dopo il pari di Marassi, ci si avvia stancamente verso l'ultimo mese di una stagione da mettere immediatamente alle spalle. Fermo restando che i prossimi giorni saranno anche quelli in cui verrà definito - almeno così pare - il closing per il passaggio delle quote azionarie dalle mani di Maurizio Zamparini a quelle del gruppo rappresentato, almeno sul piano mediatico, da Paul Baccaglini.