Roberto De Zerbi vede segnali di crescita, ma non vede ancora il suo Palermo. Alla vigilia della sfida contro il Milan, il tecnico rosanero fa capire chiaramente cosa manca a questa squadra per fare un salto di qualità che vada a giovare anche sul piano del risultato: "Manca la crescita globale e del singolo, a livello di automatismi e di abitudine a fare un certo tipo di lavoro tattico. La crescita singola rientra nella maturità, nella condizione fisica e mentale del singolo giocatore. Questa è una squadra dal potenziale buono, il potenziale può tramutarsi in reale forza oppure rimanere tale. Spetta a me, ma un po' a tutti tirarlo fuori".
La squadra ha dimostrato grande attaccamento a un De Zerbi che chiaramente gradisce i messaggi ricevuti da Zamparini, dal gruppo e dalla dirigenza: "Mi fa piacere, ma ho detto che sono concentrato su quello che devo fare. Vedo che ci sono critiche, allusioni ad un tipo di calcio. Io non sono nè voglio fare il professore, non sono concentrato sulle voci di esonero, mi soffermo solo su quello che posso fare. Ovvero lavorare 24 ore al giorno, con la voglia di adattarmi ai giocatori che ho, ma con l'idea che non si sposta. Questo deve essere chiaro".
Si gioca contro il Milan, la squadra in cui De Zerbi è cresciuto da calciatore. Queste le sue sensazioni e un parere sul momento positivo della formazione rosanero:"Ci sarà emozione, così come c'è stata col Napoli, ma poi quel che voglio è fare una partita migliore di quelle con Cagliari e Udinese, e soprattutto fare punti. Io sono andato via di casa per andare a Milanello a 15 anni. Là era veramente dura, bisognava fare sacrifici grossi. Il Milan gioca bene, non ha le individualità di Roma e Juventus ma giocano meglio di queste squadre. Questo è il pericolo numero uno. Mi pesa molto il fatto di non aver ancora portato a casa punti a Palermo, sono concentrato su quello. Voglio schierare undici giocatori che stiano bene a livello mentale e soprattutto fisica, in base al momento che stiamo vivendo".
Un Palermo che ha cambiato pelle in tutte le sfide in cui De Zerbi lo ha guidato. Il tecnico lo sa e ammette di essere costretto a ricorrere a continui cambi di formazione: "Purtroppo rallenta la crescita della squadra, ma è un passaggio obbligato che devo fare. Perchè la squadra non l'ho costruita io e non l'ho seguita in ritiro, perchè ci sono stati infortuni importanti e non veniamo da risultati esaltanti. Quindi non conoscendo benissimo i calciatori li devo valutare la domenica, perchè in allenamento si vedono alcune cose e in partita se ne vedono altre. Non gioco con 11 giocatori soltanto, ma nemmeno con 22. È chiaro che bisogna far sentire tutti importanti, ma il campo dà le sue gerarchie. Domani Rispoli non ci sarà così come Gonzalez, e sono elementi fondamentali. Rientrerà Rajkovic ma non gioca dalla gara con il Crotone. Bruno Henrique non lo vedevo bene come passo, le qualità sono evidenti ma non mi interessa che sia stato il più pagato in estate. Non lo boccio, lo rimando a quando sarà più brillante. Gazzi e Diamanti dall'inizio? Può essere, sono dei titolari a patto che io li veda bene in campo".
Si parla anche di individualità, in particolare in attacco. Un reparto che finalmente consente a De Zerbi di avere più margine di manovra: "Quaison l'ho provato da prima punta perchè abbiamo solo Nestorovski in quel ruolo, ed è lui quello che si avvicina di più alle caratteristiche di quel ruolo. I giocatori bravi possono coesistere sempre, dipende tutto dalla condizione fisica, dal momento della squadra e dall'avversario. Siamo il Palermo, siamo penultimi e giochiamo contro il Milan. Non possiamo pensare di andare lì e schiacciarli, dobbiamo essere pronti a tutto. Lo Faso titolare no, ma già a Cagliari lo avrei inserito se non si fosse infortunato Rispoli".
Il pubblico e il suo malumore per la penultima posizione non sarà un deterrente e non può essere un alibi. Questo il pensiero di De Zerbi a riguardo: "Sono vent'anni che vivo situazioni più e meno belle nel calcio. Questa non è una situazione esaltante in cui regna l'entusiasmo, ma bisogna saper giocare ed allenare in ambienti delusi o arrabbiati, e cercare di riportare la gente dalla nostra parte, con atteggiamento, massimo impegno e con i risultati. Bisogna saper accettare i fischi e non farsi condizionare, ma bisogna dire che la gente ci è sempre stata vicino finora. Il clima non è mai stato ostile da quando sono qui".