Dopo una stagione e mezza ai margini della rosa romanista, Marco Borriello è tornato a Genoa per cercare di rilanciarsi. L'attaccante napoletano ha raccontato alla Gazzetta dello Sport il momento che sta vivendo ed i problemi vissuti nella capitale, con la speranza di tornare "grande"
L'intervista inizia con i perchè del trasferimento a Genova del lungo stop, che l'ha tenuto per tanto tempo fuori dai campi da gioco: "Semplice, volevo il Genoa. Ho scelto questa squadra per rilanciarmi. Inseguo l’Europa con i miei compagni, la riconferma per me e anche qualcosa in più: questo è un biennio importante, che porta agli Europei, un obiettivo significativo per tutti. Vorrei provarci anch’io. Al Genoa l’inizio è stato duro, ma l’avevo messo in preventivo. Ora il mio fisico si è adattato". "Non gioco titolare da tanto. Il giorno della mia ultima partita da titolare, con il Sassuolo, presi un colpo da Magnanelli. Nessuno l’ha mai saputo, ma ho avuto un “edema della spongiosa”, una microfrattura al perone, dolorosissima...Poi sono andato al West Ham, rimanendo fuori per un mese e mezzo. Solo la squalifica di Carroll ha permesso a me e a Cole di alternarci in campo: una cosa irritante per entrambi. Accadde poi che nel giorno di riposo andai ad allenarmi da solo. Troppo carico, finii stirato. Al rientro il campionato era alla fine".
Si passa poi al racconto dell'ultimo periodo vissuto a Roma, senza lesinare qualche stoccatina alla società giallorossa: "Mi sono fatto delle domande e la risposta era chiara: la nuova dirigenza aveva fatto scelte diverse. Ricordo che Sabatini alla prima conferenza disse che Borriello era un problema. Sono arrivati Osvaldo, Destro, Borini, Doumbia, e io, senza essere mai stato valutato sul campo, ero sempre la terza o quarta punta.
Dall'addio alla Roma all'approdo al Genoa con la speranza di tornare a fare grandi cose: "Vorrei avere avuto quantomeno la possibilità di sbagliare, ma tutti sono liberi di fare le loro scelte. Io sono rimasto a Roma anche per far cambiare idea a qualcuno, ma battevo contro un muro. A Genova mi conoscono bene. I dirigenti e Gasperini mi hanno voluto, i tifosi mi apprezzano perché in campo ho sempre lottato. Hanno apprezzato più quello che i miei gol. Qualcuno da altre parti mi considera un giocatore finito, ' ‘na pippa', come dicono a Roma. Sono qui per ripagare la fiducia della società, ma anche e soprattutto per dimostrare a me stesso che sto ancora sul pezzo. Mi sento bene e considero ancora lontano il momento in cui smetterò. Quel giorno vorrei sentir dire che Borriello era un buon giocatore. A gennaio mi hanno offerto contratti di un anno e mezzo, però sapevo quel che mi serviva, Conosco Gasperini e il suo staff. Mi serviva questo: lavorare duramente, riprendere a faticare. Per recuperare ci vuole sacrificio, gli allenamenti di Gasperini sono molto duri. Ho in più la spinta dei tifosi che mi hanno sempre voluto bene".
Sull'obiettivo Europa: "Ci crediamo. Ci attendono tre partite in casa con avversari alla nostra portata. Saranno difficilissime, ma siamo pronti. Arriviamo da due passi falsi, però il Ferraris è una carta a favore". Come riemergere? "Invecchiare ha dei vantaggi: esperienza e saggezza le ho acquisite pure io. So cosa devo fare in campo. Ho ritrovato l’entusiasmo di allenarmi per un obiettivo. Non mi spinge la rabbia, ma un sentimento positivo. Nessuno mi ha detto che avrei avuto il posto assicurato, figurarsi con un allenatore come Gasperini. Per raggiungere l’obiettivo serve tanto sacrificio. Lavoriamo con il gps, si coprono dagli 8 ai 12 chilometri ad allenamento, ad alta intensità, sempre. Il mister sa che sono pronto. Guai a mollare, ma Gasperini è una garanzia".