Si invocava la riscossa, un’affermazione autorevole che mettesse alle spalle le incertezze e le perplessità legate alla condizione atletica e alla solidità del gioco, e invece la gara di ieri pomeriggio a Livorno ha riservato un altro esito amaro che contribuisce ad addensare le nubi sull’immediato futuro del Catania di Rolando Maran. Non è arrivata la scossa, anzi. Sono arrivate piuttosto due sberle in pieno volto, che fanno male.
La sconfitta con i labronici, nell’ottica di una corsa salvezza mai esclusa nemmeno nell’ottimistica vigilia di quest’annata, vale sei punti, ma il grosso delle indicazioni preoccupanti si concentra sul modo di stare in campo e sull’atteggiamento, mai così negativi nel recente passato. Si può perdere, si è giunti appena alla terza giornata, ma il Catania dà l’impressione di non essere un corpo coeso, dove la mano destra non sa cosa fa quella sinistra.
E’ una situazione che travalica i temuti risvolti negativi nei cambi di organico nel mercato estivo, la falla più grande non tange il livello tecnico, che sulla carta non può e non deve dare grattacapi, ma la considerazione della propria dimensione. Sin dal 1’ dai semplici fraseggi in fase di possesso e dai singoli gesti tecnici era possibile riscontrare una mancanza di serenità, un’ansia ingiustificata di mandare al tappeto subito e con poco sforzo un avversario inferiore per qualità ma non per questo meno solido e determinato e soprattutto meritevole di considerazione.
L’esultanza di Lodi utilizzata come copertina per il successo del Genoa nel Derby della Lanterna ha rinfocolato le disapprovazioni sullo scambio con Tachtsidis e sul mercato estivo in generale, reo di aver fatto perdere tasselli preziosi a livello di potenzialità e presenza nello spogliatoio. La verità è che il tempo deve essere giocoforza compagno di chi ha sposato la causa rossazzurra da poco tempo e i problemi di adattamento dei nuovi, insieme alle prove incolori di alcuni singoli a torto issati sul banco degli imputati, non sono il fattore principale di questo quadro per nulla idilliaco.
Anche dopo le partenze dello stesso Lodi, di Marchese, Gomez e Biagianti il Catania può e deve ritrovare il proprio spirito operaio, forza motrice del Liotro nel corso degli anni a prescindere dagli uomini in campo. Dimenticarsi da dove si viene è un errore imperdonabile per chiunque, soprattutto per una squadra e per una società che hanno basato sul lavoro quotidiano, sulla chiarezza delle idee e sul senso del gruppo le tappe gratificanti del proprio percorso.
Le giornate in calendario scorrono, non si può togliere a Maran e ai suoi ragazzi il tempo di trovare un equilibrio tattico e un amalgama accettabili, ma bisogna raggiungere risultati concreti in tal senso il prima possibile. Col Parma non si potrà chiedere la luna, ma cominciare ad intravedere i barlumi di quel Catania disciplinato, intelligente e umile che nel recente passato abbiamo ammirato, al di là dei coriandoli e dei fuochi d’artificio della fantasia, sarebbe già una prima vittoria. Può sembrare poco, ma il primo passo deve essere questo.