A volte, in occasioni del tutto particolari, le cose esondano dai confini della loro mera dimensione spazio temporale. A volte è come se passato, presente e futuro si fondessero per pochi istanti per lasciare una traccia indelebile nella realtà e nella vita dei fortunati che vivono quei momenti.
La discesa libera di Kitzbuhel si getta nel baratro della storia per riviverla, riscriverla e aggiungere capitoli indelebili nel libro della Coppa del Mondo di sci alpino.
Non è una gara. È la gara. "È una gara che ha come contorno l'intera Coppa del Mondo".
Poche righe non bastano per descrivere quello che rappresenta la Streif per la carriera di uno sciatore: vincere qui ti proietta nell'Olimpo e, se sei talmente bravo da riuscirci due volte in carriera vuol dire che dentro hai davvero qualcosa di speciale.
Dominik Paris, oggi, ha dimostrato una vota di più di essere un fuoriclasse della sua disciplina. Ha vinto lui, ha domato la Streif.
La gara è stata spettacolare: tempo perfetto, condizioni di luce eccellenti e ghiaccio che ha fatto urlare all'impresa ad ogni atleta che ha concluso la gara. Il tutto coadiuvato dalla nuova formula di assegnazione dei pettorali che chi vi scrive ha visto fino ad oggi con sospetto, ma che nell'appuntamento principe della stagione di Coppa ha regalato emozioni su emozioni.
Dominio Paris. L'azzurro altoatesino ha concluso la gara col tempo di 1'.55''.01''' e ha preceduto sul podio un duo tutto francese composto da Moine (1'.55''.23''') e Clarey (1'.55''.34'''). Ma è grande Italia. A lungo si è cullato il sogno di una leggendaria doppietta con Peter Fill che è ha perso il podio per 0.07 centesimi di secondo chiudendo quarto. E poi Innerhofer (secondo ieri nel Super G), che chiude fuori dalla top 10 a causa di un numero da circo che lo ha costretto ad un recupero incredibile sulla Mausefalle (la "trappola per i topi"). Ma Paris dicevamo: è stato il più potente e il più bravo. Prendendosi i suoi rischi (ma chi non lo fa uscendo da quel cancelletto?!) è riuscito a bissare lo straordinario successo del gennaio 2013 scrivendo ancora una volta il suo nome nell'albo d'oro della leggenda. Il suo successo l'ha costruito tutto dopo il salto dell'Hausberg, tenendo alta la linea e sparandosi a oltre 140 km/h sulla linea del traguardo. È lì che i rivali hanno accusato i loro passivi. È lì dove la Streif elegge il suo dominatore.
Emozioni. Ma tutta la gara è stata da "cuore in gola". Indimenticabili le prove, sul filo dei centesimi, di Feuz (letteralmente partito per la tangente sull'Hausbergkante, la diagonale tutta in controtendenza che immette nello schuss finale), Reichelt (celebreremmo lui a quest'ora se non fosse per un'intraversata selvaggia nella parte alta della pista), Mayer e tutti gli altri che hanno gareggiato con i primi venti pettorali della starting list.
Slalom. L'adrenalina di Kitzbuhel non si assopisce tuttavia con la fine della discesa. Domani è ancora gara, è slalom speciale. Gli azzurri, a questo punto, partiranno ancora più carichi; Hirscher tenterà di redimere l'immagine di un'Austria che esce con le ossa rotte da questa discesa (non avere nemmeno un atleta sul podio è da lutto nazionale); Kristoffersen, il nuovo dio della specialità; e via via tutti gli altri. Domani è ancora gara, domani è ancora Kitzbuhel.