Erano i tempi in cui i calciatori pagavano di persona per giocare al pallone, il professionismo era molto lontano. Quando la Pro Vercelli conquista il suo primo scudetto nel 1908, i giocatori versano nella casse delle aziende che danno loro lavoro, venti centesimi al mese allo scopo di creare un fondo-cassa per finanziare la loro società, mentre le trasferte sono a carico dei giocatori stessi. La qualità principale di questa squadra è l’agonismo puro, in contrapposizione alla tecnica più raffinata del Genoa, del Milan, della stessa Juventus dove militano numerosi giocatori stranieri. La Pro Vercelli, invece, è formata esclusivamente da ragazzi della città o degli immediati dintorni. Nel 1909 la formazione dei “Bianchi”, leggermente rimaneggiata, concede il bis, confermandosi coriacea in difesa, duttile a centrocampo ed incisiva all’attacco: dopo aver superato la fase eliminatoria Piemontese, precedendo sia la Juventus sia il Torino, la squadra, guidata in campo da Milano I°, affronta il Genoa per la semifinale Ligure-Piemontese uscendone vittoriosa dopo due partite molto dure (3-2 a Vercelli ed 1-1 a Genova). La finale, contro l’U.S. Milanese, vede i vercellesi vincere 2-0 in casa e pareggiare 1-1 sul terreno milanese.
Nella stagione 1910 nove formazioni sono riunite in un unico girone, che si disputa con partite di andata e ritorno. Oltre alla Pro Vercelli campione d’Italia, sono iscritte anche la Juventus, il Torino, l’Inter, il Milan, l’U.S. Milanese, l’Ausonia, il Genoa e l’Andrea Doria. Al termine del torneo, Inter e Pro Vercelli si classificano alla pari con 25 punti; per assegnare lo scudetto occorre una gara di spareggio. La Federazione, dopo una rapida riunione, fissa la data del confronto per il 24 aprile dello stesso anno; a Vercelli si levano, immediatamente, cori di protesta dovuti al fatto che in quel periodo molti elementi della squadra dei “Bianchi” sono impegnati in un torneo militare e la società piemontese chiede lo spostamento della partita di una settimana. L’Inter non accetta e la Federazione conferma la data del 24 aprile; la risposta della società vercellese è perentoria: nessun giocatore della prima squadra avrebbe preso parte alla gara. Pochissimi sostenitori delle bianche casacche assistono all’incontro tra i titolari dell’Inter ed una squadretta di ragazzini al di sotto dei tredici anni. Tra costoro si fa notare Mario Ardissone, allora decenne, che naturalmente non può impedire alla Pro Vercelli una dura sconfitta per 3-10.
I piemontesi dimostrano la propria forza l’anno seguente (1911), vincendo il campionato. Squadra tutta italiana, anzi, tutta vercellese, la Pro Vercelli non nasconde una punta di orgoglio quando incontra le squadre rivali, piene di giocatori stranieri. Inglesi, svizzeri e tedeschi, mescolati agli indigeni, trovano nelle bianche casacche un ostacolo ancor più arduo da superare, per la tenacia con la quale, i giocatori della Pro Vercelli, si battono per una questione di patriottismo.
Un episodio indicativo si verifica proprio quell’anno, quando la Pro Vercelli gioca, sul terreno del Genoa, un incontro molto importante; da esso, infatti, dipende, la possibilità di proseguire la corsa verso il primato nel girone Ligure-Lombardo-Piemontese, che le consentirebbe di disputare un agevole finale con la vincitrice del girone Veneto-Emiliano. La partita è molto spigolosa, al limite della cavalleria, i frequenti scontri tra giocatori costringono l’arbitro Goodley ad intervenire con decisione finché, con le squadre 0-0, in seguito ad un corpo a corpo tra il genoano Schmidt ed il vercellese Milano I°, vengono espulsi entrambi i giocatori.
Mentre il rossoblu abbandona il campo, Milano I°, chiamati i compagni, urla: “Giurate di vincere!”. Rampini I°, interno di fulgida classe, levando alta la voce, risponde: “Fioeui a noui!” (“Ragazzi, a noi!”). I vercellesi, caricati a mille, si catapultano contro la difesa genoana, pervenendo al goal della vittoria. Nell’euforia generale, l’accompagnatore Severi si precipita a dettare il seguente telegramma diretto in sede: “Italia batte Europa 1-0”. Il mondo del calcio dell’epoca è stupefatto per l’autorevolezza, la sicurezza, persino la spavalderia con cui la Pro Vercelli impone la propria personalità. Nel corso del girone eliminatorio del torneo 1911/12, solo il Milan riesce a contrastare l’egemonia vercellese, senza avere molta fortuna: per un solo punto, infatti, i rossoneri devono inchinarsi ad una Pro che, successivamente, polverizza il Venezia nel corso delle due finali, vincendo a Vercelli 6-0 ed a Venezia 7-0.
Il 1914 é vigilia di guerra, ma il pallone non smette di rotolare e a sorpresa è il Casale a vincere il campionato
Le bianche casacche s’impongono anche nel 1913, dominando il girone Piemontese e confermando la propria superiorità nel girone finale riservato alle squadre dell’Italia Settentrionale. Il 1° giugno 1913, sul campo del Genoa, la Pro Vercelli batte la Lazio, finalista del Centro-Sud, con un perentorio 6-0. Questa squadra costituisce anche l’ossatura della Nazionale: durante l’incontro Italia-Belgio del 1° maggio 1913, vinto dalla nostra Nazionale con un goal di Guido Ara, sono ben nove i vercellesi schierati, a testimonianza della validità di questa squadra leggendaria. Nel volgere di pochi mesi, però, vengono a meno alcuni elementi di spicco, sia per la stanchezza accumulata, sia per la chiamata alle armi. Il 1914 è vigilia di guerra, ma il pallone non smette di rotolare e, tra la sorpresa generale, vince il campionato il Casale, come vedremo in seguito.
Nel primo dopoguerra la Pro Vercelli torna a respirare aria di primato. Nel campionato del 1920 i bianchi arrivano alle semifinali interregionali, sconfitti, però, dal Genoa: la seconda generazione di giocatori vercellesi presenta volti nuovi e tra questi Virginio Rosetta, che diventerà un fuoriclasse nelle file della Juventus. Proprio in quella stagione, a soli diciotto anni, Viri esordisce in Nazionale, alle Olimpiadi di Anversa, giocando contro la Norvegia come terzino destro. Tre anni dopo avrebbe fatto nascere un “caso” passando alla Juventus e dando il via al professionismo.
Nel 1921 il campionato si disputa ancora per regioni e la Pro Vercelli, raggiunto il secondo posto dietro all’Alessandria nel girone Piemontese, approda alle semifinali interregionali, dove batte l’Inter. Vinte anche le due finali contro l’Alessandria ed il Bologna, la Pro Vercelli s’impone nella finalissima sul sorprendente Pisa, con il risultato di 2-1. In quella formazione, oltre a Rosetta ed Ara, spostato a medio-centro, svetta quell’Ardissone che, decenne, partecipò nel 1910 alla finalissima con l’Inter. L’ultimo campionato vinto dalla Pro Vercelli è quello del 1922: è necessario, però, spiegare il motivo per il quale, nei documenti storici del calcio italiano, figurino in quell’anno ben due campionati e quindi due squadre campioni. La Federazione decise di ristrutturare l’organizzazione dei campionati, divenuti oramai troppo caotici. Nell’attesa dell’assemblea annuale della Federazione, le società maggiori, propense a ridurre drasticamente il numero delle squadre ammesse alla massima competizione con lo scopo dichiarato di migliorare il livello del gioco, incaricarono Vittorio Pozzo, che emergeva allora come esperto di calcio, di elaborare un progetto di riforma del campionato.
Vittorio Pozzo propose una ristrutturazione del campionato che fu bocciata dalle societá minori
Vittorio Pozzo presenta un programma che prevede di ripartire gerarchicamente tutte le società italiane in quattro diverse categorie, privilegiando le società di maggior tradizione, di superiore valore tecnico e di garantita potenza economica. Nel campionato del 1921, le società iscritte al campionato, organizzato in gironi regionali dal Piemonte alla Campania, sono 64; secondo il progetto di Pozzo, le elette sarebbero state soltanto 24. Ciò avrebbe comportato, dunque, una scrematura notevole che avrebbe ghettizzato le società minori, a tutto vantaggio dell’aristocrazia del calcio italiano.
Le quaranta società escluse si riuniscono in assemblea a Novi Ligure e si schierano contro la soluzione di Pozzo. L’assemblea federale, svoltasi dal 23 al 24 luglio 1921 a Torino, boccia definitivamente, con 113 voti contro 65, il progetto di Pozzo e come risposta le società più importanti escono dalla Federazione fondando una Confederazione Calcistica Italiana (C.C.I.). Tra le società maggiori c’è anche la Pro Vercelli oltre al Novara, al Bologna, alla Juventus, all’Andrea Doria, al Milan, all’Alessandria, al Genoa, al Casale, al Padova, al Torino, al Brescia, al Venezia, all’Inter. Memorabili le finali della Lega Nord con una vittoria decisiva dei vercellesi sul campo del Genoa, dopo il pareggio a Vercelli. Quanto alle finali del campionato, le bianche casacche liquidano in due partite e con punteggio schiacciante (3-0 e 5-2) la Fortitudo di Roma.
Da quel giorno, tuttavia, comincia il declino della Pro Vercelli: la provincia per sopravvivere è costretta a cedere i pezzi migliori. Non appena Silvio Piola esordisce nella squadra Piemontese, è subito adocchiato da molte società tra le quali la Lazio, che lo acquista alla fine della stagione 1933/34; nella stagione precedente se n’era andato anche un mediano grintoso come Depetrini, destinazione Juventus. La società vercellese compie sforzi enormi per sopravvivere, affidandosi esclusivamente ai giovani del vivaio come Borsetti, Morselli, Traversa, guidati dall’intramontabile Ardissone. Silvio Piola è stato l’ultima ancora di salvezza, con le sue reti e con il suo piglio energico che rievoca le figure dei grandi vercellesi del passato. La sua partenza suggella un’epoca e, mentre la stella del grande Silvio brilla di vivida luce, quella della Pro Vercelli si spegne.