Biagio Antonacci - Dediche e Manie: la recensione di Vavel Italia
La copertina di "Dediche e manie" (twitter)

A tre anni di distanza da L'amore comporta torna con un nuovo disco di inediti uno dei nomi più attesi di questo 2017: Biagio Antonacci, che presenta al suo pubblico il suo sedicesimo album in studio. Dediche e Manie è il frutto di un lavoro durato circa due anni e di un importante cambio di produzione, passando da Michele Canova a Fabrizio Ferraguzzo (già collaboratore di Giusy Ferreri, Nesli e Lorenzo Fragola) pur non modificando radicalmente l'identità dei propri arrangiamenti.
Quando esce un disco del cantautore milanese la prima cosa che ci si aspetta di sentire è - ovviamente - l'amore in tutte le sue forme. Invece Antonacci sorprende e apre il disco con un pezzo dalle sfumature funky, dove è la chitarra a farla da padrona accompagnando un testo introspettivo: "Il migliore" è una promessa a sé stessi di liberarsi dalle proprie paure a costo di soffrire e cambiare la propria vita, riprendendo l'apertura carica di Cado nel precedente disco. Torna il funky, stavolta vicino quasi alla musica popolare (come già fatto in Non vivo più senza te) anche in "Mio Fratello", che vede l'interessante collaborazione del cantante e attore Mario Incudine, il quale arricchisce il pezzo con un'intensa strofa in siciliano.

L'apertura spiazzante lascia poi spazio a pezzi più "classici" del repertorio antonacciano. L'intimo racconto di "Un bacio lungo come una canzone" ritorna a quello stile narrativo e descrittivo tipico di dischi come Convivendo e Vicky Love, senza però abbandonare la linea più ermetica che Biagio ha deciso di seguire già dai singoli dell'ultima raccolta. L'idea di raccontare l'evolversi di un bacio rapportandolo allo sviluppo di una canzone si dimostra essere una delle più originali di questo disco, oltre a mostrare un cantautore tornato a un livello di testi ben più alto di quello degli ultimi anni. Si torna a parlare d'amore quindi, così come nel pezzo dal cui testo l'album prende il titolo: "Fortuna che ci sei" introduce le strofe con poche e precise parole, per poi sviluppare il suo discorso nel ritornello ("E quante dediche e manie, quante strane compagnie, tu non hai avuto mai di più") fornendo un'interpretazione di livello nonostante la voce non permetta più di tanto.

La copertina del singolo | twitter
La copertina del singolo | twitter

E' nella parte più "carica" del disco che troviamo uno dei pezzi migliori: "Vorrei amarti anch'io" non solo ha tutto ciò che serve per passare tranquillamente in radio, ma ha uno sviluppo a livello testuale e musicale di alto livello, soprattutto nelle strofe ("Se memorizzi il nome mio la prima "A" che appare è l'iniziale di "addio"; se il gioco invade la tua mente ti senti innaturale, dissoluta e imprudente") che si aprono poi in un inciso assolutamente radiofonico. Paradossalmente in mezzo a questi brani il singolo di lancio ("In mezzo al mondo") appare abbastanza debole, pur restando per caratteristiche la canzone più adatta a fare da apripista a questo lavoro. Dello stesso genere appare "Sei nell'aria", dove è l'intervento del rapper Laioung a salvare un brano che rischiava altrimenti di diventare anonimo nonostante l'arrangiamento pienamente elettropop.

Da segnalare anche l'intensa ballad "L'addio che mancava", dove il pianoforte e una leggera batteria accompagnano il crescendo delle strofe di una classica canzone d'amore à la Antonacci, fino ad aprirsi in un ritornello che non "esplode" mai del tutto, lasciando la giusta intensità al brano. Le dediche e manie di Biagio si concludono con la curiosa "Stanco" e la particolare "L'appello dei popoli", dove l'amore viene trasformato in un appello universale ("E' l'amore l'appello dei popoli, i poeti con queste canzoni riempiono l'anima; è l'amore che spacca ancora il pensiero, tengo sempre una lettera in tasca e non mi lamento mai") e che si può considerare il riassunto dell'intero progetto discografico del cantautore, sempre più concentrato su testi più ermetici e più difficili da sviscerare e questa volta coadiuvato da una produzione meno "pesante" e sicuramente più adatta a creare l'atmosfera giusta per il disco. Un ritorno atteso che non ha deluso, con quel pizzico di innovazione che da Biagio Antonacci non ci si aspetta e con la certezza di poter sentire sempre e comunque delle belle canzoni d'amore.

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