"Penso che un sogno così non ritorni mai più...", cantava Domenico Modugno, al Festival di Sanremo di qualche anno fa. Avrà parole diverse, ma la canzone dei tifosi giallorossi, all'indomani della splendida vittoria in casa dell'Inter, farà più o meno così. In quello stadio, dove la Juve è caduta addirittura due volte, la Roma si è presa l'intera posta in palio, schiantando i nerazzurri grazie alla doppietta di un immenso Nainggolan. Ma riavvolgiamo un secondo il nastro. Il sogno di cui parlavamo prima, quello di Domenico Modugno, non è lo scudetto e nemmeno la Champions League. E allora per quale motivo i tifosi romanisti avrebbero il diritto di sognare o addirittura cantare?
La ragione è semplicissima: questa Roma, sì proprio quella di ieri sera, è diventata ufficialmente una grande squadra. No, non siamo più al cospetto di quella compagine capace di uscire dalla Champions già ad agosto, ad opera del modesto Porto. Non è più la Roma schiacciata dall'ingombrante presenza di capitan Totti o dalle pressioni dell'ambiente. Questa Roma è ben altro, questa Roma sta gettando le basi per qualcosa di importante che (Juve permettendo) non tarderà ad arrivare. La società, il nuovo stadio, la quadratura tattica, l'atteggiamento in campo, la mentalità. Tutti fattori che stanno contribuendo a plasmare una nuova realtà, che fa strabuzzare gli occhi dalle parti di Trigoria, dove neanche Spalletti comprende realmente il lavoro fatto finora. Certo, l'uscita prematura dalla Champions pesa (e tanto) perché l'ambiente giallorosso merita certi palcoscenici, ma la metamorfosi (di cui parlavamo qualche tempo fa) sembra davvero terminata. La farfalla esce finalmente dal suo bozzolo ed è pronta a regalarsi qualcosa di inaspettato e sensazionale.
Colpisce molto l'associazione tra una squadra come la Roma e i termini costanza, disciplina, continuità, mentalità vincente. Perché, diciamocelo, i valori che questa società ha espresso per gran parte della sua storia sono stati ben altri, accompagnati da un unico filo conduttore: l'amore verso la maglia e l'identificazione con la città intera. Aspetti, questi ultimi, più che positivi, ma troppo spesso finiti per diventare limitanti. Ecco perché la Roma ha una tradizione, e un curriculum, fin troppo miseri al cospetto delle "grandi" storiche del nostro campionato. Ma forse la tendenza è cambiata, soprattutto negli ultimi anni. Il concetto di grande squadra va necessariamente allargato oltre i meriti storici, perché se la Roma diventata una realtà importante lo deve ad un processo di crescita continua nei diversi aspetti. La grandezza storica e tradizionale è una cosa, la grande squadra ne è un'altra. Non si è catalogati come "grandi" per aver vinto sette Champions, se poi sono anni che non ci si affaccia in Europa. Non si è "grandi" con un Triplete datato e una marea di figuracce europee recenti. Il Milan non è più una grande squadra da un po', l'Inter sembra sempre sul punto di tornare ad esserlo ma, di fronte alla prova del nove, si squaglia come neve al sole. E allora non ha senso togliere i giusti meriti ad una squadra (e ad una società!) che ha sbagliato davvero poco ultimamente: dalla gestione del caso-Totti, al cambiamento tattico vincente. Spalletti è il primo fautore di questo processo di mutamento, ma gli onori del caso vanno equamente spartiti tra tutte le declinazioni dell'AS Roma. Perché una Roma così, come diceva Modugno, probabilmente non tornerà più; e poco importa se la Juve sfora ogni anno il muro dei cento punti. Una Roma così, ha il diritto e la possibilità di sognare, per un ambiente, per dei tifosi, costretti troppo spesso a masticare davvero amaro.