Senza maturità non ci si può iscrivere all'Ateneo delle big. Nemmeno all'Università della Vita, peraltro un contentino per chi alla Laurea dei trionfi non sa come arrivarci. Difficile imparare tecniche fondamentali, basilari, di gestione del risultato, di approccio, di aggressività e di cinismo. Il passaggio previo e obbligatorio è la maturità. Che però è dai fattori succitati che si apprende, si rinforza e prende piede. 

L'apertura, riassume non tanto i 90, oscuri, minuti della Roma a Marassi, teatro del ko, il quinto in stagione, dei romanisti di Spalletti contro l'agguerrita Samp di Giampaolo. Riassume un intero tratto di storia giallorossa, che perde molte delle sue certezze, mentali e di cattiveria in campo, in un pomeriggio stortissimo, dove a funzionare è davvero poco, dai mediani spaesati, dai centrali di difesa che di giocare insieme proprio non avevano idea, e invece Spalletti cambia le regole del gioco ed ecco che Vermaelen si ritrova in mischia preferito al sin qui in crescita Jesus. Misteri come quello ancora senza una logica, che volle (proprio in quella che fu l'ultima sconfitta stagionale della Roma) Gerson titolarissimo in un match banale, uno Juve-Roma allo Stadium con in ballo giusto un titolo tricolore. Un Gerson che peraltro finì fuori ruolo e la frittata completata, col brasiliano ai saluti nel mercato invernale. Non bastavano i rumori di dicembre, evidentemente. Ecco Vermaelen, ecco un Perotti senza gamba, ecco un Peres costantemente affaticato, spaesato. Ecco un De Rossi con la testa decisamente altrove, su qualsiasi campo o luogo di svago della galassia, ma non nel rettangolo ligure, lì dove invece il celebrato 16 si sarebbe dovuto trovare. 

LA CRONACA DEL MATCH

La Roma ripudia le lodi. Lo dicesse, Spalletti, così capirebbero gli opinionisti e i tifosi, giunti in massa al Ferraris. Per assistere a un crollo, con le uniche (forse oggi inutili da aggiungere, ma a onor del vero tutte da sottolineare) attenuanti date dagli errori, censurabili, di Mazzoleni. Grave ma passabile sul 3-2 ligure, enorme e non accettabile proprio al fischio finale del match: su Dzeko, evidente, un rigore. Non il fuorigioco, creazione fantasiosa del signor La Rocca. Episodi, però. In un clima di brutture e sfiducie. Nella tre giorni, per giunta, che ci consegna il gong di mercato.