Maschera dai due volti. La Roma di Garcia ha una fine inebriante, figlia di un arco dalle mille frecce, ma non ha inizio. Le note stonate del reparto di difesa privano di utilità le folate del reparto d'attacco. Segna, a grappoli, la squadra giallorossa, ma non riesce a superare difficoltà di gestione che hanno radici lontane, àncorate al passato e a un mercato incompleto. Il 4-4 di Leverkusen è uno schiaffo al morale che chiede, impone, immediato rilancio. Il calendario non aiuta, perché pone sulla strada di Garcia la ferita Fiorentina di Sousa, vittima del turnover europeo.
Al Franchi, la Roma si presenta con un'incollatura di ritardo, sul piatto la vetta della Serie A, un'iniezione di fiducia in grado di limare le nubi di Champions. Il tecnico transalpino insegue la quadratura del reparto arretrato. Castan veste nuovamente panni da titolare, con Rudiger, in ritardo, in panchina. Manolas completa la coppia centrale, Digne prende la corsia mancina. Il rebus è, come sempre, sul fronte destro. Garcia si divide tra Florenzi, adattato nel ruolo, e Maicon/Torosidis, terzini naturali. La presenza dell'azzurro è certa, se non nei quattro davanti a Szczesny, nei tre d'attacco.
In mezzo al campo, senza Keita e il lungodegente Strootman, il francese sceglie il terzetto di maggior qualità. De Rossi schermo centrale, Nainggolan mezzala sinistra, Pjanic mezzala destra. Il bosniaco può anche alzarsi alle spalle del riferimento offensivo, trasformando l'assetto della Roma, dal 4-3-3 al 4-2-3-1.
La partita di Firenze è il terreno ideale per rilanciare Edin Dzeko. L'ex City lavora in gruppo da giorni e vuol recitare ruolo da protagonista. Ai suoi lati, Gervinho e Iago Falque. L'investitura di Iago è indicativa, Garcia non vuol sbilanciare una squadra già in apnea quando costretta a ripiegare. Rischia l'esclusione Salah, il discusso ex. L'egiziano sgomita per trovare un posto al via, ma al momento è un passo dietro ai compagni.