Tre medaglie d'oro e tre di bronzo. Questo il bottino, tutt'altro che disprezzabile, dell'Italia del nuoto ai Mondiali in corsia di Budapest 2017, rassegna iridata conclusasi ieri nell'acqua della vasca della Duna Arena. Una manifestazione che ha confermato come Gregorio Paltrinieri e Gabriele Detti siano definitivamente entrati nell'Olimpo natatorio internazionale, non solo come esponenti azzurri, ma anche e soprattutto come atleti ormai garanzia di successo ai livelli più alti. Al femminile, la prodezza di Federica Pellegrini nei 200 s.l. ha stupito il mondo, meno chi ne ha sempre apprezzato il talento interminabile, mentre Simona Quadarella si è affacciata per la prima volta su un palcoscenico così importante. 

Impossibile non partire da Federica Pellegrini. La fuoriclasse veneta, reduce da un quarto posto amaro alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, ha voluto fortemente proseguire la sua carriera, fino a ottenere il riscatto e la redenzione nella città magiara. Attesa a un posto sul podio, la Pellegrini ha fatto molto di più, vincendo la medaglia d'oro nei suoi 200 metri stile libero. Gara intelligente, condita da una condizione invidiabile per un'atleta ormai prossima ai ventinove anni. Buono il passaggio ai cinquanta, la resa nella seconda e nella prima metà della terza, fino al crescendo rossiniano degli ultimi settantacinque metri. Un allungo visto e rivisto per un quindicennio, che non ha lasciato scampo alle avversarie, da Katie Ledecy a Emma McKeon, passando per Katinka Hosszu. L'ultimo 200 della Pellegrini, a meno di ripensamenti delle prossime settimane, per una nuotatrice che ora si dedicherà alla velocità pura, alla ricerca di nuove sfide, dopo aver vinto tutte quelle già presentatesi in carriera.

Rimarchevole anche il Mondiale di Simona Quadarella. Diciotto anni, la romana si è presa il bronzo nei 1.500 stile libero, dominati dall'americana Ledecky, arrendendosi solo nel finale al ritorno prepotente della più veloce Mireia Belmonte Garcia. Un meraviglioso risultato per una nuotatrice di prospettiva, i cui margini di miglioramento sono da seguire con interesse, in particolar modo negli 800, gara in cui è giunta tranquillamente in finale, senza però riuscire a lanciare acuti particolari. Il resto della spedizione rosa ha sostanzialmente deluso, eccezion fatta per Arianna Castiglioni, tornata ai livelli che ne avevano accompagnato l'esplosione sin da Berlino 2014, con tanto di record italiano nei 50 rana. Ottenuta la finale, ha dovuto cedere il passo a una concorrenza straordinaria (King ed Efimova su tutte). Male invece le staffette (in particolare la 4X200), con il rendimento di alcune azzurre sotto le aspettative. Da Silvia Di Pietro, condizionata da problemi al ginocchio, a Erika Ferraioli, passando per Martina Carraro, diverse le delusioni già dalle batterie. Relativamente meglio Ilaria Bianchi, comunque lontana dal poter competere con le più forti del lotto nei 100 farfalla. 

Discorso analogo per l'Italia maschile, squadra in cui Gregorio Paltrinieri e Gabriele Detti si sono spartiti medaglie e onori. Greg ha nuotato sui suoi migliori tempi negli 800 s.l., ottenendo un bronzo, proprio alle spalle del gemello diverso Detti. Il livornese ha condotto una gara tattica, partendo forte, mollando la presa nei 400 metri intermedi, per poi piazzare un finale impressionante, che ha lasciato senza speranze sia Paltrinieri che il polacco Wojciech Wojdak, impressionante nella sua vera rivelazione mondiale. Le parti si sono invertite nei 1.500 in cui Gregorio ha dovuto affrontare la concorrenza dell'ucraino Mikhailo Romanchuk, autore di batterie e finale da urlo. L'azzurro ha disputato una gara di ritmo e frequenza, senza mollare un colpo, fino a salutare la compagnia dell'avversario, stroncato sulla lunga distanza, arresosi intorno ai 1.250 metri. Quarto posto per Detti, battuto per il bronzo dall'australiano Mack Horton, con la possibilità di accorciare la lunghezza delle sue gare, dato anche il terzo posto nei 400, conferma di quello olimpico, alle spalle del cinese Sun Yang e ancora di Horton. Paltrinieri&Detti, due classe 1994 che incantano il mondo e che hanno davanti a sè altri anni di successi luminosi.

Buono il ritorno a grandi livelli di Fabio Scozzoli, ranista ritrovato dopo stagioni buie, caratterizzate da difficili recuperi dopo un grave infortunio al ginocchio. Scozzoli ha fatto meglio anche dell'emergente Nicolò Martinenghi, il cui talento non è in discussione, pronto a manifestarsi anche in rassegne di questo genere, dove è necessario ripetersi prova dopo prova, dalle batterie alle semifinali, passando per le finali. Del resto della spedizione azzurra si salva soprattutto Piero Codia, per il quale il discorso è simile a quello fatto per Arianna Castiglioni. Ottimo l'approccio alle gare, con segnali di miglioramento, nella speranza che Budapest sia l'inizio di una nuova fase di carriera. Diverse invece le delusioni, da Luca Dotto, in difficoltà nella continuità, a Giacomo Carini, mentre hanno mostrato lampi di vita a stile libero Ivano Vendrame e Alessandro Miressi. Bene anche Luca Pizzini nei 200 rana, rimasto fuori dalla finale per un'inezia.