L'agenzia antidoping norvegese non fa sconti. Richiesta chiara, netta. 14 mesi di stop, questa la spada di Damocle che pende sulla testa di Therese Johaug, l'assoluta dominatrice della scorsa stagione. Al momento, Therese è ai box, una sospensione temporanea per chiarire la vicenda. L'atleta punta ad una piena assoluzione, per cancellare una macchia che rischia di contaminare non solo la stagione corrente.
Mentre Bjoergen - dopo la sosta forzata per maternità - si riprende lo scettro a Ruka, anticipando Parmakoski e Weng in classico, Johaug attende di conoscere il suo destino. Il rischio - tangibile - è di deporre gli sci almeno fino al dicembre del 2017. L'accusa non è di doping volontario, ma di scarsa attenzione in sostanza. Non basta, all'agenzia antidoping, la presa di posizione del medico della nazionale, Bendiksen. Le sue dimissioni immediate non cancellano la leggerezza di Johaug.
Il clostebol - un anabolizzante contenuto in una crema per le labbra - è la sostanza sotto la lente d'ingrandimento. Il controllo fatale a settembre, a Livigno, durante la preparazione in vista del primo appuntamento di Coppa.
Ora non resta che attendere il giudizio ultimo, il caso è ovviamente delicato, perché pone nuovamente la Norvegia al centro di un fuoco mediatico difficile da rallentare. Da Sundby a Johaug, una sequenza che pone qualche interrogativo.
Questo il pensiero del legale di Johaug, Christian Hjort "Therese è felice di essere stata creduta, ma non capisce le basi della richiesta di una squalifica di 14 mesi. Per come la vedo io, vi sarebbero le basi per un proscioglimento".