Da Sun Yang a Park Tae Hwan, il mondo del nuoto ribolle, non in vasca. Mentre tra le corsie si consumano i primi duelli di rilievo, l'attenzione è rivolta a quel che succede tra carte e tribunali, dove i massimi esponenti delle piscine sono sottoposti a giudizio. Cina e Corea si stringono attorno ai campionissimi, nascondono e celano casi pochi chiari, ma la verità è evidente, per la Fina è doping. Tre mesi, scontati in silenzio, lontano dai riflettori, per Sun, 18 per Park. Respinta la difesa dell'atleta, cancellata l'ipotesi di "non conoscenza". Park accusa il medico, prova a convincere tutti dell'estraneità al fatto, avvenuto prima dei Giochi Asiatici, chiusi con 6 medaglie.
Il dominatore di 200 e 400, prima dell'avvento di Sun, oro olimpico già a Pechino, sul podio a Londra, proiettato verso Rio, si vede ora a un bivio, perché la Wada è pronta ad affondare il colpo per elevare l'entità della squalifica.
Un'iniezione contenente una sostanza anabolizzante, questo quanto scoperto dalle analisi effettuate a settembre. Per Park il rientro è previsto per il 2 marzo 2016, se la sanzione non verrà incrementata. A 25 anni, la carriera è a un bivio, popolarità, gloria, immagine, una macchia pesante su uno dei nuotatori più in vista del globo, l'Asia accusa il colpo, le colonne su cui poggia il movimento perdono di credibilità, come lo stesso sistema anti-doping dei due paesi, Corea e Cina. La sensazione è di un microcosmo atto a proteggere i campioni, aldilà degli errori, il peso della vittoria e della fama a ogni costo.
Dall'Italia, via twitter, giunge una frecciata da Filippo Magnini, il due volte campione del mondo dei 100 metri, da sempre impegnato nella lotta contro il doping. Amarezza, frustrazione, la sensazione di una guerra contro i mulini a vento:
@MondoNuoto ma sapete che nel periodo di squalifica gli atleti non vengono piu controllati??Quindi possono liberamente doparsi X poi tornare
— Filippo Magnini (@FiloMagnini) 23 Marzo 2015