Scongiuriamo almeno un ulteriore tonfo in classica. Il successo con la modesta Australia ci consente di rimanere aggrappati alla tredicesima posizione. Resta il peggior risultato azzurro dal 1982, resta soprattutto una visione d'insieme non pronosticabile alla vigilia. L'Italia ammirata a tratti in World League, allora priva di Kovar, oggi di Zaytsev, aveva sedotto critica e pubblico, ispirando sentimenti di gloria. Il campo, in Polonia, ha mostrato ben altro.
Una nazionale eccessivamente camaleontica, alla continua ricerca di certezze. Nel vorticoso e continuo intreccio di uomini, l'Italia ha perso quel briciolo di continuità necessaria in esperienze di questa portata. Sono emersi problemi caratteriali, limiti emotivi. Non sì è vista, se non con la Francia, quella voglia di spaccare il mondo, di respingere le negatività per assurgere alla grandezza. La sconfitta con Portorico resta il punto più basso, replicato solo in parte con l'Argentina di Velasco, quando ormai la situazione era disperata.
La terza vittoria nel torneo, contro gli australiani, evita l'ennesima beffa, ma mette in luce ancora una volta preoccupanti crepe. Ci complichiamo la vita contro ragazzi giunti al Mondiale per fare esperienza o per godersi una vetrina. Nel primo set rischiamo addirittura di regalare il parziale dopo aver dominato il primo tratto. Con il servizio comandiamo il match, ma il black out del terzo riapre i giochi, poi chiusi da una quarta frazione finalmente convincente.
Ora il futuro azzurro, anche in ottica olimpica, resta nebuloso. Da decidere in primis la posizione di Berruto, salda fino a qualche mese fa e ora improvvisamente in bilico.
Italia - Australia 25-23, 25-14, 21-25, 25-18