Ripartire da una medaglia di bronzo. Iniziare, con rinnovata autostima, la rincorsa alle potenze del volley mondiale. L'Italia di Mauro Berruto esce con l'ennesima medaglia dalla World League 2014. Il metallo è il meno pregiato, perché come racconta il Ct "Il campo ha detto che non meritavamo la medaglia d'oro". Una sola partita ha cambiato la storia della spedizione azzurra. Una sciagurata semifinale contro il Brasile, la nostra nemesi, ha cancellato un girone perfetto, condito dalla vittoria nobile contro gli Stati Uniti. Di fronte all'estro verdeoro l'Italia si è sciolta, senza trovare le giuste contromisure. La classe di Bruno si è elevata al di sopra delle incertezze azzurre. Con campo, spazio, libertà il Brasile sì è fatto travolgente.
Da apprezzare, in chiave futura, la reazione della nostra Nazionale, che, tramortita dalla scoppola sudamericana, si è risvegliata contro l'Iran per restare su un podio di vitale importanza. Il 3-0 della finalina, con Zaytsev di nuovo protagonista, dopo l'anonima prova del giorno precedente, è il segnale di una squadra di carattere, che ha pagato un passaggio a vuoto prolungato e forse un'eccessiva considerazione delle proprie possibilità, dopo le due vittorie conseguite proprio contro il Brasile a inizio preparazione. La strada per avvicinarsi al gotha del volley, un tempo teatro abituale delle performance di casa Italia, resta lunga e tortuosa.
A dimostrarlo la finale per l'oro. Gli Stati Uniti, sconfitti 3-0 dall'Italia nella strada verso la semifinale, hanno cambiato passo nelle sfide a eliminazione diretta. Sorvolata la prova con l'Iran, gli americani hanno imbrigliato il gioco del Brasile. Strappato ai vantaggi il primo set, concesso il secondo per 25-21, Anderson e compagni hanno allungato fino al 3-1 finale. 23 punti per l'attaccante in forza al Kazan, perfettamente coadiuvato dal compagno Sander, il prossimo anno a Verona.
La ferocia agonistica degli atleti a stelle e strisce ha imbrigliato l'elegante Brasile. Senza il giusto tempo per costruire e smaltire il flusso di manovra anche Bruno si è scoperto vulnerabile. Le mosse di Bernardinho, teatrale come sempre, non hanno invertito la rotta e, dall'altra parte, Christenson ha potuto smistare con naturalezza, sfruttando il perfetto lavoro di una difesa priva di pecche.