Il muro dei 4’ abbattuto nei 400 per lanciare un segnale. Katie Ledecky si prende il mezzo fondo femminile, col piglio della veterana, battendo chi veterana lo è per davvero, la coriacea Lotte Friis. Polverizzato il precedente limite mondiale, 1500 metri spalla a spalla, in una gara bellissima, lontana l’australiana Boyle, anch’essa grande, ma in una gara dove davanti si consacrava alla storia la stellina made in Usa. 15’36”53, questo il nuovo record del mondo, con un’accelerazione improvvisa ai 200 dall’arrivo. Difficile su una distanza così vedere duelli tali. In un contesto atto a creare distacchi importanti, una sfida incredibile, con sullo sfondo, a inseguire, quella riga rossa, così lontana da mettere i brividi. A brillare nel firmamento, stella tra le stelle, è ancora lei, l’americana dallo sguardo consapevole, dalla classe inarrivabile. Katie Ledecky, il presente, ma soprattutto il futuro. Si apre con una sorpresa il pomeriggio catalano. Cade Ryan Lochte, risorge Yannick Agnel, E che tonfo per il fenomeno a stelle e strisce, erede designato di Michael Phelps. Quarto, addirittura senza medaglia, lui approdato a Barcellona per vincere tutto. Trionfa invece il transalpino, nascosto in batteria e dominante in finale. Dal primo all’ultimo metro. 1’44”20 per lui. Nell’era post costumi gommati crono importante. Secondo l’altro americano Dwyer, con il russo Izotov costretto al bronzo. Tradisce Lochte, non Missy Franklin. Il Palau Sant Jordi, sedotto dalla nuova regina, applaude la prova di forza dei 100 dorso. Unica sotto i 59”. 58”42 per mettersi al collo un altro oro e regolare le velleità di Seebhom e Terakawa. Brava la giapponese a salire sul podio iridato estromettendo Elizabeth Pelton. Nella stessa distanza a livello maschile, l’annunciato duello franco-americano. Il primo colpo è transalpino, con Stravius e Lacourt che forzano il passaggio, ma il ritorno è di Grevers (52”93) e Plummer (53”12), che consegnano così agli Stati Uniti oro e argento, lasciando alla Francia il sol bronzo. Stravius resiste, con fatica, all’assalto del nipponico Irie, divino interprete del dorso. Ruta Meilutyte conquista la rana, stavolta senza ritoccare il record stabilito qui in terra iberica. Le “basta”un 1’04”42 per superare la russa Efimova, 1’05”02, e l’ex primatista Hardy, 1’05”52. Protagonista Ruta, sul trono che fino a qui apparteneva a Rebecca Soni, assente a questa competizione e ora chiamata a rispondere. La classe non è acqua.
Super Fede - Non si dimentica una gara che si conosce metro per metro, centimetro per centimetro. Succede allora che la Pellegrini, nell’anno di scarico, nella stagione del dorso e del riposo, risorga, nella sua casa, nella piscina spagnola. L’assaggio iniziale, lo scossone nel mezzo del cammino, in attesa di quel che sarà nella finale più attesa. Di certo le altre hanno paura e pressione, perché pensavano di non dover più confrontarsi con il mostro sacro della specialità. E invece ecco Fede, di ritorno. E con lei l’Italia natatoria. Ovvio che la Franklin non potesse essere al top dopo le fatiche del titolo appena conquistato, così come è lampante che Costa Schmid e Muffat non siano di certo battute, ma è il volto della Pellegrini a lanciare segnali confortanti. La naturalezza con cui stupita osserva quanto nuotato. Lei, più di noi, sorpresa. Che bello tornare a sognare, che bello essere protagonisti. L’azzurro che invade Barcellona ha il sorriso di Federica.
Non solo Pellegrini - L’Italia è anche Pesce. Mattia migliora il crono del mattino e entra in finale con il settimo tempo, 27”42. Davanti è botta e risposta tra lo sloveno Dugonjic (26”83) e il favoritissimo Van der Burgh (26”81). Rispetto alla battria, peggiora nettamente Felipe Lima, mentre brilla l’altro brasiliano Gomes Junior (27”05). Le semifinali dei 200 delfino confermano il buon stato di forma di Chad Le Clos (1’55”32), ma l’olimpionico dovrà prestare attenzione al duo cinese, Wu Peng-Chen Yin, all’americano Tyler Clary, e al sempreverde Korzeniowski, uomo capace di interpretare finali imortanti.