E' un fiume in piena la Maria Sharapova scampata alla squalifica di ventiquattro mesi per assunzione di sostanze dopanti. La tennista siberiana, che ieri ha ricevuto dal Tribunale arbitrale dello Sport di Losanna (TAS) una riduzione della sanzione a quindici mesi (potrà tornare in campo a partire dal prossimo 25 aprile), è tornata a parlare della vicenda Meldonium nel programma televisivo americano Charlie Rose Show.
"Il TAS ha in buona misura ridimensionato la sanzione che l'ITF mi aveva inflitto - dice la Sharapova - quando a marzo ricevetti la notizia della mia sospensione fu un vero e proprio choc per me, perchè avevo assunto una sostanza che era assolutamente lecita per oltre dieci anni e che molti medici mi avevano prescritto dopo diversi controlli. Poi ho ricevuto quella mail in cui mi si avvisava che avevo violato le norme antidoping. Mi sono chiesta come potessi non sapere che un farmaco come il Meldonium fosse diventato vietato. Non avevo idea di cosa fosse realmente successo: ho avuto molto tempo per riflettere e per capire se avevo fatto qualcosa di sbagliato, ma per me era stato assolutamente naturale assumere una sostanza che era perfettamente lecita, e che non ha mai assolutamente migliorato le mie prestazioni sportive. Si tratta di una farmaco comune, in Russia si prendeva come se fosse un'Aspirina, d'altronde io stessa l'avevo sempre assunto dietro prescrizione medica". La russa attacca poi l'ITF, colpevole di essersi accanita contro di lei, forse anche per farne un esempio di lotta spietata al doping: "Nell'udienza del processo celebrato a Londra contro di me, sapevo che i giudici che mi dovevano giudicare erano stati scelti proprio dall'ITF, l'organismo contro cui stavo lottando. Non erano neutrali, mentre il TAS lo è e lo ha dimostrato".
"Non ho mai voluto credere di essere stata usata come esempio nella lotta al doping, ma ora comincio a pensare che sia andata proprio così. L'ITF voleva bandirmi per quattro anni, e tutto per un difetto di comunicazione. Spero che questo caso serva a far capire quanto è importante comunicare con chiarezza agli atleti quali sono i cambi di regole in merito alle sostanze dopanti. Al momento c'è un'enorme differenza tra il tennis e gli altri sport su questo aspetto. Durante questi mesi ho cambiato molto il mio stile di vita, ma anche il mio modo di pensare. Non sono stata molto a casa. Anzi, ho viaggiato molto e ho provato a fare tutte quelle cose che prima non avevo la possibilità di fare. Per la prima volta mi sono resa conto di aver un calendario, degli orari miei, ho potuto programmare meglio alcune cose della mia vita. Ho capito cosa si prova ad avere un fine settimana libero. Anche nei miei allenamenti ho cambiato qualcosa. Mi sono allenata in maniera differente, è stata una preparazione non finalizzata a un torneo, o a un eventuale futuro rientro. Mi sono allenata per me stessa. Ed è una sensazione molto più bella. La notte dopo aver fatto quell'annuncio è stata una notte molto lunga. Non dormii molto, il giorno dopo avevo allenamento alle 8.30 del mattino, ma chiamai il mio allenatore e gli dissi che non sarei andata. Lui mi rispose che era normale e che non faceva niente. Però alle 8 mi alzai dal letto e decisi di andarci lo stesso. Ero arrabbiata, ma non avevo forze, è stato uno dei giorni più lunghi della mia vita, ma quell'allenamento mi è servito dal punto di vista psicologico. Non ho mai avuto dubbi sul fatto che sarei tornata a giocare a tennis. La parola resa non esiste nel mio vocabolario, sono nata per combattere".