È solo un bambino gracile e con seri problemi di salute, quando sale su un aereo che scavalca l’oceano. Dal campetto del Grandoli, in Argentina, tutto buche, sassi e pezzi di vetro, conficcato tra palazzoni di cemento, a Barcellona, dove ha sede una delle più prestigiose squadre di calcio del mondo: il Barça.
Lo chiamano “la pulce”, “il nanerottolo”, e non sempre con rispetto. Così gracile - ha senso che qualcuno ci perda tempo, fatiche e soldi? Suo padre Jorge crede di sì. Un dirigente della squadra crede di sì. Al punto da siglare un accordo su un tovagliolo di carta, al ristorante.
È l’inizio di notti passate a piangere. Lontano dalla madre e dal resto della famiglia, che ha riposto tutte le speranze in lui. La partenza per un viaggio che molti intraprendono, ma ben pochi portano a destinazione. Una sfida contro se stesso, cominciata quando palleggiava centinaia di volte senza sbagliare, con qualsiasi oggetto gli capitasse a tiro. Quando dormiva stringendo un pallone. Leo, passa! Ma Leo non passa. E dribbla uno dopo l’altro gli avversari.
Ieri i talentosi ragazzi di Rosario, in Argentina. Oggi i più grandi campioni del mondo, gli assi del Real Madrid, del Manchester, di Juventus, Milan e Inter che sfilano in queste pagine.
Perché il bambino che non passava la palla ha stretto i denti, si è asciugato le lacrime ed è arrivato. Incurante di strappi e fratture, forte nonostante invidie e gelosie. Il bambino che non passava la palla ha alzato al cielo, primo nel mondo, quattro Palloni d’Oro. E sta lottando per passare definitivamente alla storia alla testa della Nazionale argentina. Come nasce una leggenda? Seguendo il cuore. Non arrendendosi mai. È questo che insegna la storia di Lionel “Leo” Messi.
Leo Messi nasce a Rosario 28 anni fa in una delle zone più povere della città e di lontane origini Italiane da una modesta famiglia. Cresce con un pallone in mano ammirando le gesta del Pibe de oro, gioca con i più grandi per le strade dribblandoli come fossero birilli.
Tutti, ogni singola persona non ha mai visto nulla di simile, non ha mai visto un bambino di 5 anni avere la palla incollata al piede come fosse un veterano, non ha mai visto dribblare cosi abilmente gente più grande di 5-6 anni. E’ magico. E’ piccolo come una pulce; eh già “La Pulga”. Leo.
Cosi il padre decide di farlo giocare con i ragazzi di 6 anni e «alla seconda palla iniziò a dribblare come se avesse sempre giocato». Nel 1995, a otto anni, gioca qualche partita con la maglia del Central Córdoba, per poi passare al Newell's Old Boys, dove esordisce realizzando un poker di reti. A 9 anni debutta in un campo a 11. All'età di 11 anni l’incantesimo sembra rompersi , gli viene diagnosticata una forma di ipopituitarismo Il Newell's non riesce a pagare le cure , il River Plate mostra interesse nei suoi confronti, ma non ha abbastanza denaro per pagargli le cure necessarie da 900 dollari al mese e il trasferimento dal Newell's Old Boys. È quindi il Barcellona, attraverso il direttore sportivo Carles Rexach, a interessarsi al suo talento dopo averlo visto giocare in un provino ottenuto grazie a dei parenti in Catalogna e ad assicurarsi le prestazioni sportive del ragazzo, rendendosi disponibile a pagargli le cure qualora si fosse trasferito in Spagna; non avendo a disposizione della carta su cui scrivere, Rexach gli fa firmare il contratto su un tovagliolo di carta. Ma questa è un’altra storia.
Nel periodo in cui milita nel Newell's Old Boys, dal marzo 1994 all'ottobre del 1999, mette a segno 234 gol in 179 partite: in quattro anni la squadra perde una sola partita, guadagnandosi il soprannome de La macchina dell'87, perché tutti i giocatori di quella squadra erano classe 1987.
Messi e famiglia arrivano in Catalogna e la “Pulce” firma il suo primo contratto il 1 Marzo 2001.
Da li inizia il romanzo, 15 anni( per ora)di sacrifici, di gioie, di dolori, di sofferenze e vittorie. Messi sbarca da semi-sconosciuto nella città della Catalogna, con i timori riverenziali e la nostalgia di casa che riaffiora ogni giorno nel cuore di un bambino troppo fragile per poter superare situazioni di questo tipo; intorno a lui c’è scetticismo, la paura di avere investito troppo per un “fuoco di paglia” e per un giocattolo troppo delicato, cosi delicato da rompersi al primo impatto. La “Masia”, le visite, i controlli e i compagni non sempre carini e sinceri, il giovane Leo piano piano entra nel mondo del Barca.
I primi allenamenti sono quasi una sentenza: i compagni rimangono sbalorditi dal talento,da quell’incredibile velocità e tecnica di quel ragazzo venuto da lontano; riesce a dribblare tutti per più volte anche i “Veterani” Pique e Fabregas che all’inizio non lo prenderanno in simpatia salvo poi formare un legame indissolubile. A 13 anni nel primo anno realizza 37 gol in 30 partite.
Si sale di livello, piano piano e piccoli passi fino al provino al Como che clamorosamente lo scarterà perché troppo gracile. Passano esattamente quattro anni a suon di gol quando il giovane Leo debutta in prima squadra. Il sogno che si realizza, un punto di partenza, un sogno che forse sta troppo grande anche a lui tanto che appena varca il perimetro di gioco in quel 16 Ottobre 2004 nel derby con L’Espanyol tutto gli appare più grande e i suoi avversar i sembrano 11 “Polifemo”.
Ci impiegherà un anno per realizzare il primo di 462 gol con il Barcellona (dato ancora in crescendo) contro l’Albacete il 1 Maggio 2005 con un pallonetto da veterano su assist di Ronaldinho. Passaggio di consegne insomma. Da li favola prende il volo come Icaro ma a differenza del Mito greco lui non si brucia; a volte la favola sembra magicamente interrompersi a causa dei logoranti infortuni che lo traumatizzano per i primi tre anni in cui segna “solo” 41 gol in 100 presenze tra cui 3 gol al Real Madrid che lo portano direttamente nella prima classe dei giocatori più forti al mondo.
Negli anni avvenire, grazie all’avvento di Guardiola, La Pulce cambia totalmente il modo di allenarsi e soprattutto l’alimentazione e questo gli permetterà di non subire infortuni gravi fino ad oggi.
Nell’era Guardioliana il Barcellona vince e rivince tutto per 4 anni giocando forse il miglior calcio di tutti i tempi con il “Tiki-Taka” iptonico grazie ai suoi interpreti più validi come Messi,Xavi e Iniesta; è la consacrazione per Messi che vincerà 4 palloni d’oro consecutivi mettendosi di diritto nella lista dei giocatori più forti di tutti i tempi sbriciolando ogni record.
Ci si diverte a Barcellona ma il luna park deve chiudere prima o poi; Guardiola va via e il Barcellona brancola nel buio per due anni racimolando solo 3 trofei ma la media di Messi non viene scalfita. Dopo la pioggia c’è sempre l’arcobaleno e si chiama Luis Enrique. Il Barcellona nel 2015 centra il triplete con un tridente che si candida tra i più forti della storia del calcio: Messi-Neymar-Suarez ossia 122 gol. Mostruoso. Numeri che molto probabilmente faranno vincere il 5 pallone d’oro a Leo nella sua miglior stagione di sempre
Messi torna alla modalità “Alieno” realizzando magie che nemmeno alla Playstation si riescono a fare. Nella semifinale Thrilling con il Bayern di Guardiola Messi realizza una doppietta. Il primo gol è “Normale”, il secondo è pura poesia calcistica: Doppia finta Sinistra-destra per far letteralmente crollare Boateng a terra e pallonetto di destro a Manuel Neuer( non uno qualunque); è il gol che ogni bambino sogna quando inizia a giocare in questo mondo meraviglioso che è il calcio. Il mondo è ai piedi di Messi. Decide cosi di replicare anche in Coppa del re contro il Bilbao in una coppa di Spagna che viste le scelte politiche e di Baschi e Barcellonisti ha poco di Spagnolo.
La partita fatica a decollare cosi Messi decide che è ora di inserire la marcia che nessuno ha nel proprio “Cambio”. Defilato, in linea con il centrocampo salta un uomo e poi riesce a saltarne tre infilandosi in un buco presso che inesistente ma Boskov ci ricorda che i fuoriclasse vedono autostrade dove gli altri vedono solo vicoli. Già che c’è ne salta un altro e con il sinistro magico deposita in rete. Apoteosi.
Dopo aver siglato una doppietta su punizione al Siviglia vincendo la Supercoppa Europea, Leo il 26 settembre subisce un infortunio al ginocchio che lo riconsegneranno ai campi tra tre settimane. Meno Male.
In 10 anni di Barcellona ed è doveroso citare qualche mostruoso record: Unico calciatore ad aver vinto 4 volte il Pallone d’Oro( quasi 5), Unico calciatore ad aver vinto 4 volte il Pallone d’Oro (2009, 2010, 2011, 2012), Calciatore con il maggior numero di reti (412) realizzate in partite ufficiali in un club spagnolo, Calciatore con il maggior numero di gol (286) nella Liga. Detiene inoltre il record assoluto di marcature in una stagione tra club e Nazionale (82 nel 2011-2012) e in un anno solare (91 nel 2012). Grazie ai 24 titoli conquistati, vale a dire 7 campionati spagnoli, 6 Supercoppe di Spagna, quattro Champions League, tre Coppe del Re, due Supercoppe Europee e due Mondiali per club, è il calciatore straniero più decorato della storia del Barcellona. Unico calciatore ad aver vinto la classifica marcatori della Champions League per cinque volte, quattro consecutive.
Poi ci sono altri mille record che potremmo citare ma basta ammirare Leo per capire che sport meraviglioso sia il calcio.
Stessa cosa però non si può dire del rapporto tra Messi e l'Argentina; un rapporto conflittuale dove Leo non ha saputo eguagliare Maradona ed è questo che rende "El pibe de oro" per molti ancora superiore.
Leo ha sfiorato il mondiale nel 2014 perdendo ai supplementari con la Germania e la Copa America nel 2015 persa con il Cile ai rigori.
L'Albiceleste è stregata per La Pulce che non riesce a dare il meglio di sè avendo la pressione di un'intera nazione addosso. I numeri comunque sono lo stesso atomici: 49 gol in 105 partite.
Leo è uno dei due protagonisti della rivalità calcistica più accesa e più duratura di sempre insieme a Cristiano Ronaldo. Basta pensare che nelle ultime 8 edizioni( compresa quella che verrà) del Pallone d'oro sono state monopolizzate da loro. Una sfida a suon di gol; una delizia per ogni amante del calcio.
Forse un giorno Leo e Cristiano trascorreranno un fine settimana insieme. Sarebbe interessante ascoltare una conversazione tra i due giganti del calcio, che ammettono al contempo l'ammirazione reciproca e la rabbia verso l'avversario.
Uno è alto, bello con un tiro potente e l'accelerazione di un velocista; l'altro è basso, ha un dribbling irresistibile e può ricoprire diversi ruoli: dal marcatore al regista. Entrambi militano in squadra costruite per sfruttare al meglio i punti di forza della propria stella. A differenza di Cristiano, Leo non cerca il riconoscimento da parte del mondo: desidera solamente essere accettato. Leo si è circondato solamente di una cerchia ristretta di persone che curano la sua immagine mentre su Cristiano ruota una vera e propria azienda, è l'emblema del calciatore Holliwodiano.
Ma una cosa hanno in comune: il goal. E fin quando continueranno a deliziarci ogni domenica con le loro magie da raccontare, ai nipotini il cuore calcistico di ognuno di noi continuerà a battere.
Tornando all'uomo Leo ha 2 figli. Finiti gli allenamenti torna a casa e va da loro. Un giorno Lionel li porterà al parco ed li che ricomicerà la storia. La storia del Genio. Della pulce
Concludo con una licenza poetica del mai banale Maradona:"Veder giocare Messi è meglio che fare sesso."
Ha ragione.