Ogni storia, anche la più importante, inizia in una data che, fino a quel momento, non era stata significativa. A guardarsi bene alle spalle, il 10 Gennaio non era ricordato, in nessun ambito, come un giorno in cui commemorare qualcosa o festeggiare qualcuno. Stringendo l’obiettivo sul piccolo, invece, nel mondo della pallavolo italiana, quella data, nell’anno 1979, può e deve essere considerata spartiacque: uno di quei giorni destinati a cambiare la storia nei successivi - quasi - quarant’anni. Sì, perchè anche se nei primi quattordici anni da allora nessuno se ne era accorto, a partite dal 1993, Francesca, nata come tutte le bambine nel silenzio generale e nell’estrema gioia della sua famiglia, ha iniziato a rivoluzionare la pallavolo del Bel Paese. Titolare in serie A1 a quattordici anni, in Nazionale a sedici e prima azzurra a giocare all’estero, in Brasile, a diciannove, da allora la Piccinini è diventata il simbolo del bel e vincente volley italiano, mettendosi al collo, annata dopo annata, un oro dietro l’altro, di cui l’ultimo appena qualche giorno fa.

“A chiunque mi avesse dato della bollita perchè a 37 anni non vincevo più nulla, ho dimostrato che sono ancora viva”, con queste parole, più o meno, la Picci rispondeva alle critiche di appassionati e giornalisti che, dopo tre difficili stagioni tra Torino e Modena, vedevano in quella maglia numero 12 la fine di un mito. Con queste parole, ma - soprattutto - con l’ennesimo oro di Champions League al collo e dopo una finale giocata da miglior posto quattro d’Europa e, consentitecelo, anche del mondo, ha smentito tutti. Perché, togliete l’esuberanza fisica a Zhu e Hill e perderete entrambe le giocatrici, ma toglietela alla Picci e ritroverete un’atleta che, con la propria mano, pennella pallonate perfette, tanto che ogni match risulta essere un bellissimo quadro impressionista per varietà di colpi accostati uno dietro l’altro.

La storia infinita ancora continua, perché l’undici Maggio 2017 Francesca si è appesa al collo e cucita sul petto l’ennesimo Tricolore. Quella tra la Piccinini e lo Scudetto è una relazione di inseguimento e conquista partita esattamente nel 2002 quando, appena approdata alla Foppapedretti Bergamo, vince gara 4 delle finale play-off contro Novara; qualche mese dopo salirà sul gradino più alto del podio mondiale, per togliere ogni dubbio. Nel 2004 arriva il secondo Campionato Italiano, sempre a Bergamo e sempre contro Novara, al termine di una battaglia epica, l’Iliade del volley azzurro. Sono stati necessari ben quattro tie break, di cui i primi due vinti dalle piemontesi, e l’annullamento di diverse palle match in gara tre e gara quattro per poi arrivare a vele spiegate verso il secondo tricolore con il secco 3-0 in gara 5. Due anni dopo, nel 2006, cambia l’avversario, ma non il risultato: contro il sorprendente Jesi, poi fallito, arriva il terzo. Nel 2011, sempre a Bergamo, il quarto contro Villa Cortese in un Mediolanum Forum finalmente sold out per la pallavolo femminile. Pochi giorni fa, infine, è arrivato il quinto, primo con una maglia diversa da quella della Foppapedretti, ma speciale allo stesso modo, perchè il sorriso e le lacrime della Piccinini erano gli stessi di quindici anni fa. 

C’è da aspettarsi che anche questo oro non sarà l’ultimo, perché Francesca non è bollita, perché Francesca è ancora viva, perché - soprattutto - Francesca è ancora, e lo sarà per sempre, l’atleta azzurra più vincente della storia. E ci piace l'immagine che, se a suo tempo Monet avesse dovuto scegliere un numero di maglia, anche lui avrebbe scelto il dodici.