Musica - Cosa lascia questo Eurovision?

E' andata in archivio anche l'edizione 2017 dell'Eurovision Song Contest, che ha visto 42 artisti portare le proprie canzoni all'International Exhibition Centre di Kiev. E' stata un'edizione strana, partita tra le polemiche a causa dell'esclusione della Russia e la controversia francese, per poi terminare con la vittoria di un brano su cui fino a qualche giorno prima della finale nessuno avrebbe scommesso un euro. E' stata un'edizione che però lascia spazio anche a tanti spunti di riflessione, sia positivi che critici.

Non si può non partire dal vincitore, da quel Salvador Sobral che per una settimana ha incantato tutti con la sua interpretazione intensa e toccante di Amar Pelos Dois. Partendo dal presupposto che la bravura del suo interprete è assolutamente indiscutibile, il brano di per sé ci è da subito sembrato - pur bello, senza dubbio - un tantino ridondante ed eccessivamente "spinto" verso una lentezza che sembrava quasi ricercata, pur non togliendo nulla ai meriti del vincitore. Quello però che salta all'occhio è che ad una manifestazione spesso (troppo) votata alla musica commerciale e all'apparenza abbia trionfato una canzone che più lontano di così non poteva essere dai canoni eurovisivi.

Ciò vuol dire che la gente per tre minuti ha deciso finalmente di fermarsi un momento, di ascoltare, di capire, di concentrarsi su una canzone che voleva dire delle cose e voleva portare un messaggio di spessore, lasciando perdere cellulari e computer e - anzi - usandoli poco dopo per andarsi a cercare il testo: la vittoria di Sobral è la vittoria di chi, nonostante l'industria stia facendo di tutto per rendere la musica un mero sottofondo, continua a cercare nelle canzoni qualcosa di importante. Il brano del portoghese potrà piacere o non piacere, ma è indubbio che la sua vittoria sia avvenuta grazie a chi ha deciso di ascoltare per davvero una canzone e non di usarla come sottofondo, perché utilizzandola come tale non sarebbe mai potuta arrivare nel cuore delle persone. Infine, quando all'Eurovision vince un brano cantato nella propria lingua è sempre qualcosa di speciale (vedasi la vittoria di Marija Serifovic nel 2007 con Molitva, e anche 1944 di Jamala aveva il ritornello in Ucraino), soprattutto in un periodo dove anche nazioni che da sempre si sono contraddistinte nel presentare canzoni nelle loro lingue si stanno dirottando verso l'inglese, con risultati anche deludenti.

Detto questo, l'Eurovision è stato anche terreno di polemiche. L'evento di Kiev ha fatto capire che qualcosa nel sistema di votazione - soprattutto delle giurie - va assolutamente riformato, perché che determinati paesi si votino tra loro è assodato da tempo ed è ormai tradizione più o meno simpatica, ma che i voti dei giurati diventino delle vere e proprie mosse tattiche per togliere punti agli avversari diretti appare abbastanza scandaloso: sia perché si sta parlando di una manifestazione musicale, per cui si presume che vincere o perdere non cambi gli equilibri socio-politici del pianeta Terra, sia perché in un contesto discografico dove già la meritocrazia è ridotta a un dettaglio l'Eurofestival rimaneva una delle poche occasioni dove si poteva auspicare la vittoria di qualcuno in base a ciò che davvero propone, (non che il portoghese non fosse meritevole, il discorso è più ampio), seppur in ambito pop-commerciale, e lo dimostra il fatto che rispetto ad altre manifestazioni (qualcuno ha detto Sanremo?) avvenga molto più frequentemente che vinca uno dei favoriti della vigilia. Il caso di Francesco Gabbani parla da solo: il cantautore toscano ha ottenuto pochissimi voti da paesi dove la sua Occidentali's Karma è stata prima nelle classifiche di vendita; a questo sommiamo che l'italiano è stato proclamato come favorito numero uno per circa due mesi, e la soluzione viene da sé.

Infine, è necessaria anche una piccola parentesi legata a quanto sta succedendo sui social in queste ore: che la vittoria di Sobral possa aver infastidito chi comunque sperava in Gabbani e nell'Italia ci può stare, ma le cose che si stanno leggendo in queste ore hanno del terrificante. Non citiamo ovviamente i termini usati, legati addirittura alla sua malattia e completamente fuori da ogni giudizio musicale, ma il tifo cieco da stadio già in alcuni contesti sportivi - quando è esagerato - tende a dar fastidio, cerchiamo di lasciarlo fuori almeno dalla musica. Grazie.

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