Lunedì mattina, l’alba sul Danubio ha avuto un sapore diverso da quelle della settimana precedente. Un po’ emozionante, un po’ malinconica. Sì, perché il sorgere del sole sull’incantevole Budapest ha sancito la fine dell’edizione 2014 dello Sziget, che ha visto il festival battere ogni record con un totale di 415mila presenze complessive e con il picco massimo di 85mila registrato nella giornata di giovedì 14 agosto. Un festival che, mai come quest’anno, è stato anche un successo italiano: dallo Europe Stage promosso da Sziget Festival, L’Alternativa e Puglia Sounds, passando per la presenza di numerosi artisti nostrani per arrivare alla folta rappresentanza tricolore tra le anime che hanno scaldato per la 22esima volta l’isola di Obudai-Sziget, l’Italia della musica ha di che essere orgogliosa. Proviamo a raccontarvi, nel nostro piccolo, un evento che merita di essere vissuto almeno una volta nella vita.
Mettere piede sulla “Island of freedom” è una sensazione particolare. Indescrivibile, probabilmente; cerchiamo di spiegare di cosa si tratta. Bisogna anzitutto fare un passo indietro, tornare nel cuore di Budapest, dove è possibile trovare ovunque segni tangibili della presenza del festival. Lo Sziget vive nella città, la città vive assieme allo Sziget. Il ponte Margherita, quello più vicino all’isola, è tappezzato di bandiere che rimandano all’evento. Si attraversa il Danubio e si va oltre, ci si mischia con persone sconosciute di tutte le età che portano i segni tangibili di chi sta vivendo l’evento: braccialetti lasciapassare al polso, magliette, cappelli e soprattutto fango sulle scarpe. Durante la settimana ha anche piovuto, ma ovviamente nessuno si è tirato indietro. Arriviamo all’isola, cambiamo i nostri voucher con il braccialetto e mettiamo piede in una sorta di dimensione parallela. C’è di tutto: ragazzi, ragazze, uomini, donne, alcuni bambini. Persone appartenenti a qualunque categoria, abbigliamenti di qualsiasi tipo. Ci sono le tende di chi ha deciso di vivere a fondo lo Sziget( e sono tanti, tantissimi), ci sono infiniti posti dove mangiare, attrazioni di vario genere, giochi, la spiaggia. C’è tantissimo verde, c’è tanto fango. C’è soprattutto la musica: bella, emozionante, di generi tanto diversi fra loro quanto coinvolgenti. Sono 45 le nazioni di provenienza dei vari artisti, l’Italia è ottimamente rappresentata da Caparezza, The Bloody Beetroots e tanti altri.
L’atmosfera è impagabile, l’organizzazione eccellente; è facile capire per quale motivo il festival abbia tanto successo. La gente è felice, entusiasta di far parte di un mondo a sé stante che dal 1993 ad oggi si è consolidato sempre di più, unendo le persone provenienti da tutti gli angoli del globo( quest’anno, per la precisione, da 87 paesi diversi). Il tutto grazie all’infinito potere della musica, espressa ai massimi livelli da artisti del calibro di Macklemore, Outkast, Blink 182, Placebo, Imagine Dragons e tantissimi altri. L’isola vive, sette giorni su sette ha un cuore pulsante che non smette mai di battere. Batte con il ritmo della musica, batte con il ritmo della libertà.
Lo Sziget giunge al termine, il suo popolo lascia l’isola entusiasta e frastornato da emozioni impareggiabili. C’è chi si è fermato un giorno solo, chi tutta la settimana; ne è valsa la pena, in ogni caso. La notte tra lunedì e martedì, l’aeroporto internazionale Ferenc Liszt è occupato in quasi ogni suo spazio da persone che, tanto stanche quanto felici, cercano di strappare qualche ora di sonno in attesa dei primi voli del mattino; i più fortunati hanno sacchi a pelo e materassini, gli altri si sistemano come meglio possono tra panche e pavimento. E’ il popolo dello Sziget che torna verso casa. Orgoglioso di ciò che ha vissuto, orgoglioso del fango sulle proprie scarpe.