Nel Mondiale dei grandi nomi, dei protagonisti attesi che non hanno sbagliato (Peaty, Sjoestroem, Sun, Dressel, Pellegrini, Paltrinieri, Detti, Le Clos, Kalisz, Rylov, Manuel, King, Efimova, Ledecky, Hosszu, solo per citarne alcuni), ci sono stati anche atleti il cui rendimento è stato al di sotto delle aspettative. Poco competitivi nell'acqua della vasca della Duna Arena, sede di svolgimento della rassegna iridata di Budapest 2017. Ecco chi ha davvero deluso ai Mondiali appena conclusisi:
Mitchell Larkin. Uno dei grandi flop di Budapest, e in particolare del team australiano. Larkin, che a Kazan 2015 si era rivelato all'intero panorama internazionale con la doppietta a dorso, nei 100 e nei 200, ha proseguito nel suo calo, i cui primi segnali si erano intravisti già alle Olimpiadi di Rio de Janeiro (solo argento nei 100 dorso). L'australiano non è andato a medaglia in alcuna gara individuale, faticando anche ad ottenere la qualificazione alle finali (addirittura quindicesimo e penultimo nelle semi dei 200), consolandosi con un argento nella 4X100 mista mista. A ventiquattro anni è presto per alzare bandiera bianca, ma un deciso cambio di rotta appare auspicabile per chi a Kazan sembrava poter dominare il successivo lustro della disciplina.
Vladimir Morozov. Il russo si è confermato uno dei nuotatori più imperscrutabili e di difficile interpretazione dell'intero lotto dei big. Capace di alternare prestazioni clamorose a delusioni cocenti, Morozov non è stato all'altezza della situazione a Budapest, agguantando un solo bronzo nellla 4X100 mista mista. Nei 50 s.l. è parso in palla sin dalle batterie, entrando in finale con il secondo miglior tempo (21.45, alle spalle del solo Caeleb Dressel), salvo ripetere la pressochè identica prestazione in finale, che gli è valsa la medaglia di legno, con il podio sfuggito per tre centesimi, a vantaggio del britannico Benjamin Proud (21.43. contro 21.46). Semplicemente disastroso nei 100, eliminato addirittura in batteria, ventiquattresimo in 48.99, come un debuttante qualsiasi. Talento indiscusso, deve trovare il modo di farsi trovare pronto nelle occasioni che contano.
Bronte Campbell. Al femminile, la sorella minore delle Campbell, 23 anni, che difendeva due medaglie d'oro nei 50 e nei 100 stile libero, non è riuscita a ripetere l'exploit della campagna di Russia. Delusioni a livello individuale, solo in parte compensate da due medaglie d'argento nella 4X100 s.l. e nella 4X100 mista mista, oltre a un bronzo nella 4X100 mista. Apparsa competitiva soprattutto nei 50, da velocista pura, ha mancato l'appuntamento con la finale, dominata da Sarah Sjoestroem, trasformatasi per lei in un calvario, tristemente ultima (23.69 il tempo della svedese, contro il 24.58 di Bronte). Non è andata meglio nei 100, con un settimo posto in finale, lontana dal podio, composto da Manuel, Sjoestroem e Blume.
Park Taehwan. Il sudcoreano giungeva a Budapest forte di risultati sorprendenti (sotto tutti i punti di vista), al termine di un biennio che gli aveva dato grandi soddisfazioni, sia alle Olimpiadi di Rio de Janeiro che ai Mondiali in vasca corta di Windsor. 28 anni ancora da compiere, Park è stato bruciato da Gabriele Detti nella lotta per il podio dei 400 s.l. (primo Sun, secondo Horton), ed eliminato nelle batterie dei 1.500. In acqua gli è mancata esplosività nel finale, da sempre suo marchio di fabbrica, mentre ora si attendono novità sul suo futuro a breve termine (i prossimi Mondiali si terranno in casa, a Gwangju).
Duncan Scott. Parlare di delusione per questo diciannovenne scozzese è forse eccessivo, ma le aspettative su di lui erano diverse. Vero, ha contribuito alla splendida conferma dell'oro britannico nella 4X200 mista e all'argento nella 4X100 mista, ma nelle gare individuali non è andato a medaglia, dopo una primavera trascorsa tra ottimi riscontri cronometrici. Nei 100 stile libero ha chiuso quinto, in una finale dominata da Caeleb Dressel (davanti a lui anche Nathan Adrian, Mehdy Metella e Cameron McEvoy), mentre nei 200 è stato beffato con un quarto posto, dopo aver timbrato il miglior crono in semifinale, a quattro centesimi dal gradino più basso del podio, occupato dal russo Krasnykh. Prima occasione di riscatto, i prossimi campionati Europei, che si disputeranno nella sua città natale, Glasgow.
Penny Oleksiak. Mentre Simone Manuel ha confermato l'oro vinto alle Olimpiadi di Rio nei 100 stile libero, la giovane canadese - in Brasile argento anche nei 100 farfalla - non è andata oltre due bronzi nella 4X100 s.l. mista e nella 4X100 mista mista. In gare individuali, la diciassettenne di Toronto ha faticato, concludendo sesta i 100 s.l. e quarta i 100 farfalla, alle spalle dell'americana Kelsi Worrell. L'età è però dalla sua, soprattutto se si fa riferimento al parco avversari, che ha avuto in Sarah Sjoestroem una protagonista quasi imbattibile.
Cameron McEvoy. Un po' come Morozov, McEvoy ha mancato le occasioni che gli si sono presentate. Niente salto di qualità per il velocista classe 1994, che ha impressionato nelle batterie dei 100 stile libero, per poi perdere il podio in finale per soli tre centesimi (argento per cinque), superato in extremis da Nathan Adrian e Mehdy Metella, mentre nei 50 non è andato oltre lo sbarramento delle semifinali, primo degli esclusi, dietro anche a nuotatori come il greco Golomeeev, il polacco Jsurazek e il finlandese Liukkonen.
Francia. Eccezion fatta per l'oro finale di Camille Lacourt nei 50 dorso, e per il bronzo di Metella nei 100 stile libero, la nazionale transalpina ha avuto pochissime occasioni per far parlare di sè. Una squadra che cinque anni fa, a Londra 2012, era tra le superpotenze del nuoto mondiale, è scesa clamorosamente di livello. Non solo poche medaglie - due - ma una competitività diffusa completamente dissoltasi.
Australia. Rispetto alla Francia, gli aussies si confermano su un pianeta differente. Hanno trovato l'acuto di Emily Seebohm nei 200 dorso, le medaglie di Emma McKeon nei 100 e 200 stile libero, di Mack Horton nei 400 e negli 800 s.l., ma sono mancate nei guizzi, quelli che hanno fatto di questa nazione una delle più vincenti della storia del nuoto. Traditi da Larkin e McEvoy, con Bronte Campbell non al top della forma (k.o. la sorella Cate), gli australiani hanno dovuto fare a meno anche di Kyle Chalmers, il giovane olimpionico dei 100 stile libero recentemente operato al cuore (rientrerà per la prossima stagione). Tante le critiche all'indirizzo dei canguri, anche perchè il confronto con gli Stati Uniti è stato ancora una volta impietoso.