
"Ai Giochi olimpici è così:
anni di allenamento, di duro lavoro, di desiderio, di disciplina
racchiusi in pochi minuti, a volte addirittura in pochi secondi.
Non c'è niente di più dolce della vittoria"
(Michael Phelps)
Il 16 agosto 2008 la storia dei Giochi olimpici tremò. Il 17 agosto fu completamente riscritta. A compiere l'impresa fu un ragazzone con un passato problematico e un presente da leggenda vivente: Michael Phelps, che da quel giorno di agosto divenne "il Cannibale", "lo squalo di Baltimora". Il "kid" (come lo chiamavano fino al giorno prima), aveva lasciato posto a un uomo che aveva realizzato il sogno non solamente della propria carriera, ma di una Nazione intera.
Tutto inizia con un bigliettino e degli obiettivi: Bob Bowman (l'allenatore-padre che ha cresciuto Phelps dentro e fuori dall'acqua, che gli ha insegnato non solo la bracciata più efficace, ma anche i valori della vita) ha cresciuto il suo pupillo abituandolo a scrivere, a inizio stagione, gli obiettivi da porsi per quell'annata. Nell'anno dei Giochi di Pechino gli obiettivi erano 8, proprio come il numero portafortuna dei cinesi (la cerimonia di inaugurazione venne celebrata l'8 agosto alle 8): 400 misti, 200 stile libero, 200 farfalla, 200 misti, 100 farfalla e le tre staffette (4x100 e 4x200 stile libero, 4x100 misti). "Non ho mai preteso di essere il nuovo Mark Spitz. Volevo essere semplicemente Michael Phelps. Realizzare qualcosa che nessun altro aveva mai realizzato".
Ci riuscì davvero, Michael da Baltimora.
Cresciuto senza una figura paterna di riferimento (i genitori si separarono quando aveva 7 anni), Michael è vissuto nel gineceo composto dalla madre Debbie e dalle due sorelle maggiori Whitney e Hilary. Insieme hanno creato una bolla che non è possibile scalfire. Insieme hanno lottato, hanno affrontato sacrifici e dolori, e insieme hanno vinto. Racconta Phelps: "sono salito sugli spalti a baciarle, mentre mi ritornavano in mente tutte le difficoltà che abbiamo affrontato e superato insieme".
Michael era un ragazzino debole, con un fisico esile e le orecchie a sventola: facile preda per gli scherzi del branco, da cui non riusciva a difendersi. Durante l'infanzia gli venne diagnosticata l'ADHD, la sindrome da deficit di attenzione e iperattività. Nessuno aveva fiducia nelle possibilità del bambino Michael, ma con tanto lavoro, e l'aiuto del Ritalin, riuscì a sconfiggere il "nemico". Michael trasferì tutta la rabbia accumulata in quegli anni in acqua. E si prese tutte le rivincite. La piscina lo ha salvato e lo ha consacrato. "Queste cose ti entrano dentro, ti danno la carica, ti motivano". Anche quando dovette affrontare, nel 2004, seri problemi alla schiena legati al una frattura da stress.
A Sidney 2000 Phelps è il più giovane nuotatore statunitense a prende parte ai Giochi olimpici. La sua gara erano i 200 farfalla: non prese medaglie (si classificò 5°), ma impressionò. Otto anni dopo, a Pechino, tutti i suoi sogni si realizzarono: vinse tutto quello che c'era da vincere, con uno strapotere inarrestabile.
La settimana che ha cambiato la storia inizia il 10 agosto 2008: vanno in scena i 400 misti, la gara più massacrante del programma. Phelps vince il primo oro davanti a Laslo Cseh e al compagno di squadra Ryan Lochte. Il cronometro si ferma sul 4:03.84. Tradotto: nuovo record del mondo. La settimana diventa una cavalcata esaltante gara dopo gara: l'11 agosto è tempo di staffetta, la 4x100 stile libero. Phelps si tuffa per primo, guadagnando un buon margine; nell'ultima frazione nuotano spalla a spalla Jason Lezak e Alain Bernard: la spunta l'americano con il tempo di 3:08.24. Nemmeno a dirlo, un nuovo record del mondo. "Non avevo parole - dirà Phelps. - Riuscivo solo a urlare. Perché quel risultato non era solo mio. Era una cosa epica".
12 agosto, 200 stile libero - Phelps raccoglie l'eredità di Ian Thorpe. Ai Mondiali di Fukuoka del 2001 l'australiano aveva vinto sei medaglie: non accadeva dai tempi di Mark Spitz. Phelps doveva ancora diventare "il Cannibale", ma in quella competizione si mise in mostra vincendo il titolo mondiale nei 200 farfalla. Il sorpasso avvenne nel 2003 ai Mondiali di Barcellona: Phelps vinse sei medaglie (tra cui quattro ori) e fu il primo nuotatore della storia a stabilire cinque record del mondo. Thorpe si ritirò dopo le Olimpiadi di Atene 2004: a Pechino, durante la finale dei 200 stile libero, era sugli spalti a vedere il suo record mondiale frantumarsi sotto le bracciate dello "squalo di Baltimora": 1:42.96. Terzo oro per Phelps. Il mondo si inchinò alla sua velocità stratosferica.
13 agosto, 200 farfalla - Da sempre la gara di Phelps. Dopo il tuffo gli si riempirono gli occhialini di acqua, ma nemmeno questo riuscì a fermarlo. Non ci vedeva, ma fece un arrivo perfetto: quarto oro, quarto record del mondo in 1:52.03. Fu la gara del riscatto: dalle critiche, ma soprattutto dai propri errori. Nel 2004 era stato arrestato per guida in stato di ebbrezza dopo aver bevuto tre birre a una festa. L'opinione pubblica si scagliò contro di lui, come in genere fa con gli sportivi quando mostrano il loro lato debole o commettono un errore. Bob Bowman gli disse: "Ogni volta che fai un errore, cerca di trarne un insegnamento. Finché impari da un errore va bene. Puoi fare un milione di errori, ma non lo stesso due volte". Michael imparò dai propri errori, e lo dimostrò in acqua. Il programma della giornata prevedeva anche la finale della 4x200 stile libero. Phelps stava volando verso la storia, e nessuno voleva perdersi lo spettacolo: sugli spalti c'erano Kobe Bryant, LeBron James, Jason Kidd a tifare per lui. La gara fu un altro momento epico: per la prima volta venne abbattuto il muro dei 7 minuti. 6:58.56.
15 agosto, 200 misti - Durante i Giochi di Pechino un nuotatore russo, Alexander Sukhorukov, disse: "Michael è solo una persona comune, ma forse d'un altro pianeta". Lo chiavano l'extraterrestre. In questa gara lasciò agli avversari solo le briciole: migliorò il proprio record mondiale portandolo a 1:54.23. Dietro di lui si piazzarono Laslo Cseh, atleta di grande talento con un solo imperdonabile difetto: essere nato nella stessa generazione di Phelps. Al terzo posto quel Ryan Lochte destinato a metterlo in difficoltà, ma non in quell'occasione, non nell'epoca-Phelps.
16 agosto, 100 farfalla - Il giorno in cui la storia vacillò. Candidato a rovinargli la festa fu il serbo Milorad Cavic: l'unico che ebbe l'ardire di sfidare apertamente il Cannibale e mettersi sulla strada tra lui e la leggenda. Perché se Phelps avesse vinto sette ori staremmo parlando di "colui che ha fatto come Spitz". E non di colui che ha fatto a brandelli la storia. Dopo il miglior tempo fatto segnare in semifinale, Cavic fece una dichiarazione che non passò inosservata a Bob Bowman: "Non ho niente contro Michael Phelps. Lui è il re. Voglio contendergli il trono? Certamente. Perché non dovrei?". Ai blocchi di partenza della finale del 16 agosto Cavic era in quarta corsia, Phelps in quinta. Cavic lo sfidò con lo sguardo, mettendosi di fronte a lui e fissandolo. La tensione era palpabile, e si scaricò in acqua dando vita a una gara indimenticabile.
A volte a separarci dal destino, o a farcelo raggiungere, è un soffio, un attimo, un metro. Questione di tempismo. Nella vasca del 16 agosto il destino si compì per 1 centesimo di secondo. Cavic partì fortissimo e virò per primo in 23''42. Phelps era settimo con 24''04. Il serbo fece valere la propria legge, quella del più forte, fino ai 75 metri. Poi subì la legge del Cannibale, quella di chi vuole vincere tutto. Cavic arrivò in scivolata e toccò il muro per primo, ma il tabellone disse che il cronometro di Phelps si era fermato un centesimo di secondo prima di quello del serbo. Istinto, puro e semplice: Phelps, di istinto, fece un'altra bracciata e arrivò a muro scaricando sulla piastra tutti i 3 chilogrammi di pressione richiesti per fermare il cronometro. 50.58 contro il 50.59 di Cavic. Questa volta non arrivò il record mondiale, ma quello olimpico. La storia si era rimessa nella carreggiata di Phelps.
La storia crollò e venne riscritta il settimo giorno, quel 17 agosto in cui si disputò la staffetta mista 4x100.
"Se avessi vinto otto ori quelle medaglie avrebbero fatto ciò che nient'altro era in grado di fare. Avrebbero contribuito a realizzare il mio sogno più grande: accrescere l'importanza del nuoto nel panorama sportivo degli Stati Uniti". Phelps gareggiò nella frazione a delfino facendo segnare il miglior tempo mai ottenuto in staffetta: 50''15. Quattro atleti in acqua, tutti con lo stesso obiettivo: vincere. Quel giorno, però, non avrebbero vinto solamente per se stessi o per la bandiera che rappresentavano. Avrebbero vinto anche per Michael, colui che voleva e doveva riscrivere la storia olimpica. Vinsero davanti alla favoritissima Australia per 7 centesimi, un altro mezzo miracolo. Non mancarono l'ultimo record mondiale (3:29.34).
Da quel momento la vita di Michael è cambiata: tutto ha iniziato a girare a una velocità vorticosa, la stessa velocità che lo ha reso il re indiscusso della piscina. Ma questa è un'altra storia.
Quel giorno, per tutti Michael divenne un eroe. 
"Mi ripetevano tutti che avevo dimostrato che l'America e gli americani possono ancora affrontare il mondo con coraggio e forza di volontà, e che avevo fatto trionfare i valori cari a molti di noi: il duro lavoro, la forza di carattere, l'impegno verso la famiglia, la squadra, il Paese".
(fonte: M.Phelps, No limits, Volere è vincere, con Alan Abrahamson, Mondadori 2008)

