Una location insolita. Un albergo in pieno centro a Los Angeles. Un'ambientazione grigia. Una conferenza stampa convocata con ventiquattro ore di anticipo nel massimo riserbo e con l'unica indicazione di "major announcement" da rendere noto. L'invito ad esplorare il suo sito ufficiale per ulteriori informazioni. Quello che secondo la maggior parte degli addetti ai lavori sarebbe stato l'ultimo atto della carriera di Maria Sharapova, vale a dire l'annuncio del suo ritiro, ha preso invece in contropiede l'intero mondo dello sport. La campionessa siberiana trovata positiva all'antidoping, colpevole per sua stessa ammissione. Il Meldonium (o mildronato, per utilizzare la denominazione del principio attivo) al centro delle breaking news di siti, blog, quotidiani. E ciò che Masha ha voluto comunicare, prima che fossero altri a farlo: la positività all'antidoping, riscontrata agli ultimi Australian Open.

La russa si è presentata molto provata in una sala scura dell'hotel di Los Angeles scelto per l'occasione. Ha immediatamente reso noto ciò che sapeva da qualche giorno, poi si è lasciata andare solo a un paio di difese personali, basate su una carriera inappuntabile e sulla necessità che a tutti venga data una seconda chance. Nel vortice mediatico, è pero sfuggito a molti il nocciolo della questione. A cosa la Sharapova sia stata realmente trovata positiva e in quale contesto si colloca l'assunzione del farmaco proibito. E' il Meldonium il medicinale incriminato, di cui Maria ha ammesso di far uso da svariati anni, per combattere influenze ricorrenti e prevenire una forma di diabete definita ereditaria nella sua famiglia. Fino a ieri sera nessuno sapeva cosa fosse il mildronato, nè a quale scopo venisse impiegato, e neanche se fosse da considerarsi sostanza dopante. Trattasi invece - come spiegato oggi dall'edizione della prestigiosa rivista americana Time - di un farmaco utilizzato per risolvere problemi circolatori (in particolare per prevenire il rischio di ischemie cerebrali e trombosi). Gli effetti su chi l'assume sono simili a quello di uno stimolante: una certa iperattività, riduzione dell'astenia e degli episodi di nausea e affaticamenti motori. Il Meldonium è - dato da non sottovalutare - prodotto in Lettonia e diffuso in particolar modo nell'Europa dell'Est, dove già molti atleti sono cascati nel suo trappolone, finendo per ritrovarsi positivi e squalificati dalla Wada (è il caso del ciclista russo Vorganov).

Il farmaco, non vietato fino alla fine del 2015, lo è divenuto dal primo gennaio del 2016, e la stessa Sharapova ha ammesso di aver ricevuto, in data 22 dicembre, una mail con annessa comunicazione da parte dell'organizzazione tennistica internazionale. Qui sta la negligenza dell'atleta, che non ha tuttavia aperto quanto inviatole o comunque non ha prestato sufficiente attenzione al link che era allegato. Dallo scorso settembre Maria Sharapova ha disputato solo le WTA Finals di Singapore, ha compiuto una fugace apparizione a Brisbane, prima degli Australian Open, dove è stata sconfitta da Serena Williams nella seconda settimana del torneo. Il problema fisico che l'ha tormentata negli ultimi due mesi è stato un risentimento muscolare all'avambraccio, che le avrebbe impedito di partecipare anche ai tornei successivi a quello di Melbourne. Stando alla versione fornita dall'atleta, l'assunzione di Meldonium sarebbe avvenuta seguendo la stessa regolarità degli ultimi dieci anni, quindi con cadenza periodica e non per far fronte a un disturbo specifico. Chi invece pensa che ci sia del dolo e non della colpa nella condotta della russa, immagina che il farmaco sia stato utilizzato al precipuo scopo di migliorare le prestazioni atletiche. Ciò che è certo, invece, è che Masha abbia deciso di convocare una conferenza stampa una volta avuta la certezza che anche le controanalisi non l'avrebbero scagionata, senza nascondersi dietro comunicati o note del suo entourage secondo le formule stantie del "sono estraneo ai fatti che mi vengono addebitati".

Ora resta da stabilire quale sarà la sanzione che le verrà comminata. Un membro del suo staff di legali ieri spiegava al network americano ESPN che per un caso del genere il massimo della pena giunge anche a due anni di squalifica, il che vorrebbe dire chiusura della carriera per la siberiana. Tuttavia, il clan della campionessa russa confida di riuscire a dimostrare che, non trattandosi di uso occasionale ma reiterato, non ci siano gli estremi del dolo, quanto piuttosto quelli della mera negligenza. Inoltre la difesa punterà sull'assenza di qualsivoglia precedente in carriera e sull'ammissione di colpevolezza per ottenere una sospensione più breve dall'attività agonistica. Se saranno tre, sei o dodici i mesi di squalifica, al momento nessuno è in grado di prevederlo. Intanto gli sponsor della siberiana cominciano a defilarsi, anche in virtù di clausole contrattuali che consentono loro di sospendere automaticamente la collaborazione in caso di doping accertato: secondo quanto riportato da Mark Lamport-Stokes dell'agenzia di stampa Reuters, Nike, Tag Heuer e Porsche avrebbero già preso le distanze da Maria Sharapova.