Andata in archivio la prima serata della sessantottesima edizione del Festival di Sanremo, tra sorprese, canzoni più o meno belle e un po' di intrattenimento, è arrivato il momento dei primi giudizi. Ecco le pagelle di Vavel Italia.
Claudio Baglioni – voto 6.5 – Crea un cast di livello, si circonda di due personaggi carismatici e tutto sommato si dimostra anche meno “pesante” di quanto avrebbe rischiato di essere. Allunga un po’ troppo il brodo in certi casi e si rischia di tornare a degli sforamenti “baudiani” di orario, con serate che si prolungano fino alle due di notte.
Michelle Hunziker – voto 7.5 – Spontanea ed elegante. Intrattenitrice quando si può e seria quando è necessario. Zero volgarità, nessun passo falso. Bene.
Pierfrancesco Favino – voto 7 – Anche lui sorprende e tiene benissimo un palco difficile e che in passato ha stroncato molte carriere.
Fiorello – voto 10 – Dategli il Festival, una laurea honoris causa, l’Oscar e pure il Nobel.
La giuria demoscopica (e chi l’ha scelta) – voto 0 – Dovrebbe essere, in teoria, una giuria scelta tra assidui frequentatori e ascoltatori di musica. Si, però sarebbe curioso sapere che tipo di musica, perché i giudizi della loro classifica (fortunatamente relativa) sembrano a dir poco discutibili. Sono riusciti a farci rivalutare il televoto, ed è tutto dire.
Annalisa - Il mondo prima di te - voto 6.5. L'onore/onere di aprire il Festival è compito sempre difficile. La voce rotta della prima strofa lascia spazio ad un apertura di ritornello molto più sicura, per poi riuscire a portare a casa il brano in maniera più che dignitosa: brava a riprendersi dopo la partenza difficile. Il pezzo prosegue sull'onda pop con un pizzico di eleganza intrapresa dalla neo-cantautrice negli ultimi anni. Il risultato sembra buono, e lei con la sua voce sa valorizzare tutto.
Ron - Almeno Pensami - voto 7.5. Riporta Dalla su quel palco 44 anni dopo "Piazza Grande", e lo fa con un'interpretazione stupenda. Anche più in forma rispetto allo scorso anno, dove non era sembrato sempre sul pezzo: sulla canzone davvero non c'è nulla da dire, solo da inchinarsi.
The Kolors - Frida - voto 4. Sentirli cantare in italiano è sicuramente strano, e forse è meglio ritornare all'inglese. La mano di Davide Petrella (fedele co-autore di Cremonini) non basta a salvare la baracca. Musicalmente parlando tanto fumo e poco arrosto, sul testo velo pietoso. Brano da radio destinato a sparire in poco tempo, per fortuna.
Max Gazzè - La leggenda di Cristalda e Pizzomunno - voto 7.5. La leggenda pugliese resa canzone dai fratelli Gazzè entra in punta di piedi sul palco dell'Ariston: il suo è un cammino lento e inesorabile le tra corde più profonde dell'anima di ogni romantico. L'orchestrazione sinfonica si candida già da adesso al premio per il miglior arrangiamento.
Ornella Vanoni, Bungaro&Pacifico – Imparare ad amarsi – voto 6.5. Ornella tiene il palco da veterana qual è, e a dispetto di qualsiasi malelingua sull’età porta a casa un’ottima esibizione. La raffinatezza di Bungaro e Pacifico come autori è fuori discussione, peccato vederli un po’ nascosti.
Ermal Meta e Fabrizio Moro – Non mi avete fatto niente – voto 7.5. Che fosse un pezzo forte lo si diceva e lo si sapeva praticamente dall’annuncio dei partecipanti. L’interpretazione dei due è pressoché perfetta, con Ermal che ripete la grande prestazione dello scorso anno (bellissimo il falsetto) e Moro che sul piano interpretativo e di presenza sul palco ricorda molto quello di “Pensa”. Peccato per l’arrangiamento orchestrale che ha tolto un po’ di energia a un brano che a tratti ha rischiato di non decollare, ma che resta senza dubbio uno dei più belli di questo Festival.
Mario Biondi – Rivederti – voto 5.5. Raffinato, gran voce. Il pezzo però – almeno al primo ascolto – fatica un po’ e non convince, pur nella sua indubbia eleganza.
Roby Facchinetti e Riccardo Fogli – Il segreto del tempo – voto 4.5. La canzone sprizza “Pooh” da tutti i pori, e nonostante sia ben scritta lascia un sapore un po’ di vecchio, e aggrava la situazione un Facchinetti a tratti imbarazzante dal punto di vista vocale. Si salva la voce di Fogli, il resto è molto rivedibile.
Lo Stato Sociale – Una vita in vacanza – voto 5. Meno indie e più Gabbani a questo Festival, come scontato che fosse. Meno scontato invece è un brano che riesce nell’impresa di renderli quasi meno antipatici del solito. Rimangono però lo Stato Sociale, ovvero tanto fumo e poco arrosto, ma servivano per la quota indie.
Noemi – Non smettere mai di cercarmi – voto 4.5. Titolo-slogan a parte il pezzo è poca roba, solito pop parlato nelle strofe che esplode nel ritornello, come in altre 700 canzoni cantate negli ultimi 3 anni. Lontanissime anni luce le sfumature di “Sono solo parole” e “La borsa di una donna”, così come ben distanti sono le sperimentazioni europop di “Bagnati dal sole” e l’energia di “Per tutta la vita”. Il peggior pezzo dei cinque Sanremo della rossa, stasera anche sottotono: disastro.
Decibel – Lettera dal Duca – voto 7. Rouge e soci non deludono. Basta l’attacco di batteria all’inizio per far capire che si tratta di un pezzo ben diverso dagli altri. L’influsso bowiano nel testo e nella musica è evidente e arricchisce un lavoro assolutamente ispirato del trio. Guadagneranno punti con la giuria degli esperti e la sala stampa.
Elio e le storie tese – Arrivedorci – voto 6.5. Si cantano i saluti direttamente da soli: il pezzo non ha quel “quid” in più delle precedenti apparizioni a Sanremo, segno di un comunque evidente calo qualitativo già riscontrato negli ultimi anni. Tutto però ha un senso, e anche solo per come suonano camminano in testa al 90% del resto del cast sanremese. Apparizione forse superflua, ma almeno sanno far divertire e portano un po’ di musica fatta come si deve.
Giovanni Caccamo – Eterno – voto 4.5. Ballad anonima e dimenticabile, Caccamo ha scritto (e cantato) di meglio. Ci si aspettava un pezzo musicalmente più raffinato, mentre il testo è abbastanza banale nonostante l’apporto dell’esperto Cheope. “Prendimi la mano/scappiamo via lontano” nel 2018 non si può sentire.
Red Canzian – Ognuno ha il suo racconto – voto 7. – Energia, carisma ed eleganza. A differenza dei suoi ex colleghi di gruppo riesce a distanziarsi dall’etichetta Pooh e presenta un pezzo con una precisa identità musicale. Può crescere molto nel corso delle 5 serate, bene così.
Luca Barbarossa – Passame er sale – voto 6. Un pop in dialetto che ricorda le sfumature delicate di "Portami a ballare", in pieno stile Barbarossa. Ci vorrà qualche ascolto in più per poterlo "inquadrare" meglio. Il testo in romanesco guadagna molti punti, in italiano sarebbe stato probabilmente banalotto.
Diodato e Roy Paci – Adesso – voto 7. Uno dei volti più promettenti del nuovo cantautorato italiano e un grande musicista, due volti semisconosciuti al grande pubblico ma già apprezzatissimi da chi di musica ne mastica un po’. Portano sul palco un pezzo di altissimo livello, c’è tutto: testo, musica, arrangiamento e interpretazione.
Nina Zilli – Senza appartenere – voto 6. Svolta pop per Nina, pur mantenendo la consueta eleganza. Un bel pezzo a tema femminile, forse però manca qualcosa per essere una canzone di alto livello.
Renzo Rubino – Custodire – voto 6.5. Forse un gradino sotto rispetto a quel capolavoro che fu “Ora”, ma è un pezzo di tutto rispetto che col tempo potrebbe acquistare ancora più valore.
Enzo Avitabile e Peppe Servillo – Il coraggio di ogni giorno - 7. Affrontano senza retorica un tema che di retorica ne ha vista anche troppa. La classe di Servillo è indubbia, mentre Avitabile trova nell’Ariston un palco che gli dà la meritata visibilità.
Le Vibrazioni – Così sbagliato – voto 6. Sarcina non al top vocalmente, porta comunque a casa un bezzo molto ben scritto (e dietro c’è quel volpone di Chiaravalli) che con i prossimi ascolti potrà sicuramente guadagnare consensi.