Katy Perry - Witness: la recensione di Vavel Italia
La copertina di Witness - foto di spin.com

Katy Perry è una di quelle poche icone pop capaci di rimanere sempre sulla cresta dell'onda, senza perdere smalto o brillantezza, scatenando ogni volta critiche ed entusiasmi. Fin dagli esordi, ormai più di dieci anni fa, ha dimostrato di sapersi adattare alle diverse correnti che si sono susseguite nell'industria musicale di massa in questo periodo di tempo.

Nel nuovo lavoro Witness, a quattro anni dal non eccelso Prism, si trovano tutte le tendenze che animano la musica commerciale di oggi: duetti, autotune, richiami non troppo velati alla disco anni '70 e '90, forte presenza di riferimenti al dubstep, utilizzo di campionamenti vocali. Tuttavia, la formula permette alla cantante californiana di presentarsi sotto diverse prospettive per ogni pezzo, mostrando a volte un lato più introspettivo (Miss you more), altre un lato più frivolo e spensierato (la riuscita Pendulum). In generale l'album è composto, come prevedibile, da alti e bassi: il singolo Chained to the rhythm mostra la capacità di Perry e i suoi autori di comporre un brano perfetto per la trasmissione in radio, con un ritornello orecchiabile all'ennesima potenza che è impossibile dimenticare, anche dopo un solo ascolto; non mancano, come già detto, i riferimenti all'elettronica più recente, con Power che ne rappresenta l'esempio più positivo, nonostante non ingrani subito. Sorprendentemente riuscito il duetto con Nicki Minaj in Swish Swish, con la rapper americana che riesce a non risultare fastidiosa e un beat che, per quanto semplice, è molto efficace. Tuttavia, il punto più alto del disco è un altro duetto, ovvero Bon Appétit in collaborazione con Migos: il pezzo, peraltro lanciato come singolo, è una canzone per niente impegnata, ma piacevole da ascoltare grazie ancora a una linea vocale riuscita e a un ospite che svolge al meglio il suo compito.

In ogni caso, sono presenti anche molte tracce insufficienti, come la noiosa Save as draft, la chiusura calma di Into me you see, la frivolezza - questa volta eccessiva - di Hey, hey, hey; tuttavia, il pezzo meno riuscito è Mind maze, il quale è anche uno dei più sperimentali (nell'ottica del pop da classifica che l'artista in questione propone): l'idea poteva essere sviluppata meglio a livello di dinamiche e l'uso dell'autotune sulla voce di Perry alla lunga è nauseante.

In una recente intervista, Katy Perry ha dichiarato di volersi adattare a ciò che la cultura pop propone con il passare del tempo: con questo Witness, invece, pare proprio che sia lei stessa a voler influenzare il modo di comporre musica "popolare" nell'immediato futuro, riunendo tutte le sporadiche tendenze verificatesi negli ultimi tempi in tale genere in un album che, per quanto abbia i suoi limiti (fisiologici, si parla pur sempre dell'autrice di California Gurls), riesce ad avere dei momenti musicalmente riusciti ed apprezzabili. Una buona prova per la cantante, tanto ambiziosa quanto interessante, nonostante qualche macchia.

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