I Kasabian sono una band di Leicester conosciuta e apprezzata non solo dai fan della nuova ondata del rock inglese, ma anche (e soprattutto) dai giocatori di Fifa, tanto che dalla loro prima apparizione (nel 2004 con L.S.F.) si sono convertiti in produttori seriali di brani che, inevitabilmente, vengono inseriti nella colonna sonora del gioco. A distanza di tre anni da 48:13, fortunato quinto lavoro dell'ensemble, la formazione di Sergio Pizzorno torna sulla scena con un album che, giusto dirlo fin dall'inizio, non muta di una virgola lo stile del quartetto (e del resto una sua evoluzione sarebbe stata spiazzante).

La formula è quella a cui il gruppo ha abituato: batteria e basso lineari, chitarre onnipresenti, cantato semplice, ma efficace, arricchito da cori che contribuiscono alla costruzione di un mood indie che ultimamente aiuta a scalare le classifiche. Come sempre, il lavoro è concepito più come un insieme di potenziali hit piuttosto che come un album vero e proprio, tanto che al suo interno ce n'è per tutti: i canonici pezzi indie rock (Twentyfourseven), i singoli da cantare a squarciagola ai concerti (Comeback Kid - inserita in Fifa 2017 - e You're in Love With a Psycho), richiami al rock anni '80 (Bless this Acid House) ed episodi più calmi (The Party Never Ends e All Through the Night), tutti brani in cui la band dimostra di aver appreso in pieno l'arte dell'immediatezza, colpendo l'ascoltatore con linee semplici, ma accattivanti e sempre efficaci.

Dove sono, quindi, i difetti di For Crying Out Loud? Per prima cosa, l'opener III Ray (The King) è un brano tipicamente "Kasabian", ma non ha la carica propria di una Bumblebee, primo pezzo del precedente lavoro e ciò si ripete con la traccia di chiusura, Put Your Life On It, la classica canzone da cantare in spiaggia, ma inadatta nella posizione in cui si trova in quanto piatta e noiosa. Tuttavia, il problema principale è che tutti i dodici brani dell'album sembrano delle bozze da sviluppare, con diversi passaggi a vuoto e testi completamente rivedibili (non che i Kasabian siano conosciuti per le loro capacità liriche, ma molti versi del disco lasciano perplessi); Pizzorno ha dichiarato che le tracce di questo lavoro sono state costruite in sei settimane: ebbene, il risultato è proprio quello di un album ancora acerbo, a cui mancano i più classici accorgimenti e che conta diversi filler come Good Fight e Wasted.

In generale era comunque difficile aspettarsi di più dai Kasabian, un gruppo che ha ormai abituato ad album mediocri, ma pur sempre orecchiabili: i fan della scena del rock inglese degli ultimi anni non rimarranno delusi, in quanto la formula dei quattro di Leicester funziona ancora, come dimostra anche il discreto successo dei primi due singoli.