E' stato la vera sorpresa di questo Festival di Sanremo, il nome meno blasonato dei 22, quello a cui fa le case discografiche avevano detto "sei finito" neanche un anno dopo la sua vittoria ad X-Factor. Michele Bravi si è rimboccato le maniche, si è costruito una carriera alternativa grazie a YouTube ed è tornato anche alla ribalta nel mercato discografico con Anime di carta, disco che prosegue il discorso iniziato con il Festival di Sanremo e con Il diario degli errori.
Un disco dalle forti tinte elettroniche a cui si fonde l'aspetto melodico tipico della nostra musica leggera, tra brani che strizzano l'occhio alle radio, ballate più intime e due pezzi in inglese che assumono una dimensione comunque coerente con l'intera tracklist. Il brano sanremese durante la kermesse non ci aveva convinti a fondo: pur essendo ben scritto e contenendo un significato importante sembrava troppo stabilizzato sul solito "stile Mengoni", e la voce di Michele ricordava troppo lo stesso Marco con delle sfumature che si avvicinavano anche a Noemi. In molti pezzi del disco invece Bravi riesce a proporre una sua personalità, unica e concreta, dove viene davvero fuori l'anima dell'artista. Canzoni come Cambia e Chiavi di casa presentano un connubio perfetto fra testo, musica e voce, dove il primo sembra avere anche una forte carica radiofonica mentre il secondo rappresenta la degna chiusura del disco, come un riassunto di tutto ciò che Michele ha voluto dire nell'album ("perché non mi è servito a niente rimanere solo, e non è vero che il silenzio può risolvere, avrei dovuto dirti prima di partire di lasciare indietro una ragione per tornare").
Una tracklist che, a dispetto degli arrangiamenti prettamente elettronici (pur non disdegnando gli archi) che tendono a comprimere un po' troppo i brani, si presenta anche abbastanza variegata: tornano gli echi mengoniani, in Solo per un po' nella voce e in Due secondi (Cancellare tutto) nelle strofe, che rappresentano degli episodi un po' anonimi nell'economia dell'intero disco; mentre Andare via ricorda (un po' troppo) le hit di Justin Bieber e Pausa strizza l'occhio all'hip hop e al primo Tiziano Ferro r&b. Restano due pezzi discreti pur con dei difetti: peccano un po' di originalità e rischiano di ottenere la stessa identica performance qualunque sia l'interprete, nonostante Bravi con la sua voce li valorizzi.
C'è spazio anche per due pezzi in inglese, tra i più riusciti del disco, e sono quelli dove forse viene fuori meglio la personalità artistica del ragazzo, che già due anni fa aveva ben impressionato con I Hate Music, disco completamente in inglese. Shiver e Bones sono due pezzi che in un album del genere ci stanno benissimo, che lo rendono ancora più variegato. Da segnalare inoltre Respiro, tra i più italiani musicalmente e anche tra i migliori dell'album, e Diamanti, che come qualità potrebbe essere messo quasi alla parti di Cambia e Chiavi di casa, ma anche qui si ripresenta il problema già trovato ne Il diario degli errori: troppa roba simil Noemi, soprattutto nelle parti alte e nel ritornello, che in alcuni punti sembra quasi cantato da lei, forse l'unico difetto di una canzone bella e ben scritta. Nota di merito per l'interludio prima dell'ultimo brano, molto buono.
Un disco che rappresenta un vero e proprio viaggio dell'artista, un album che presenta pregi e difetti, ma che mantiene un livello molto alto. Sarebbe bello vedere la faccia del famoso produttore che aveva dato del "finito" ad un Michele Bravi allora 18enne dopo aver ascoltato questo disco.
1. Intro - Come l’equilibrio
2. Cambia
3. Diamanti
4. Il diario degli errori
5. Solo per un po’
6. Due secondi (Cancellare tutto)
7. Andare via
8. Pausa
9. Shiver
10. Bones
11. Respiro
12. Interludio - Il Punto in cui ti ho perso
13. Chiavi di casa