Perché gli allenatori non vogliono avere "panchine" troppo lunghe?

La possibilità e l'opportunità che una squadra di calcio sia impegnata in più di una manifestazione nel corso della stagione sportiva, determinano che le società di calcio di medio-alto livello debbano far fronte ad impegni numerosi e spesso ravvicinati tra di loro. La gestione della tensione nervosa ma anche delle risorse psicofisiche dei calciatori diviene quindi fondamentale allo scopo di mantenere buono il livello della cosiddetta "condizione" dell'atleta ed in particolare della squadra, costretta a cambiare spesso negli undici titolari proprio per consentire una certa flessibilità di risposta alle esigenze di calendario.

Tuttavia, come ben noto, la tendenza degli allenatori di calcio è quella di non desiderare squadre composte da troppi calciatori, prediligendo invece gruppi sufficientemente numerosi per affrontare le varie competizioni. L'equazione per la quale l'abbondanza nella possibilità di scelta è sinonimo di maggiore possibilità di vittoria, non è infatti corretta alla luce di alcune considerazioni che andremo di seguito a sviluppare.

Per quale motivo gli allenatori non vogliono dunque allenare gruppi con mediamente oltre 24-25 calciatori? La gestione tecnica di squadre con 25-30 o più atleti impone senza dubbio la necessità per un tecnico di essere supportati da uno staff molto importante in grado di guidare gli allenamenti con sotto-gruppi, il che impone alcune difficoltà anche di tipo comunicativo con la squadra nel suo insieme, costretta ad allenamenti con fasi talvolta differenziate o addirittura i terreni di gioco distinti.

Ma l'aspetto tecnico e gestionale non è la sola motivazione che spinge molti allenatori a preferire gruppi piuttosto corti. C'è infatti una componente nota alla psicologia sociale e conosciuta come "pigrizia sociale", ovvero la tendenza a diminuire la propria prestazione quando gli individui si trovano in gruppo.

Esistono infatti 4 fattori in grado di determinare tale fenomeno: uno di tipo allocativo (in gruppo si è meno identificabili), uno di tipo strategico (in gruppo si cerca di risparmiare energia senza tuttavia passare per pigri), un terzo di tipo deduttivo (definizione dell'autore) ossia il Free-rider, ed infine un quarto di natura consequenziale alla deduttiva (idem), noto come Effetto Sucker. In questa sede vogliamo soffermarci sul primo di essi, ovvero il Fattore Allocativo descritto da Harkins, Latané e Williams (1980). In successivi contributi, invece, ci soffermeremo, uno per volta, sugli altri. 

Quando gli atleti sono in gruppo, sanno perfettamente che la propria performance ed anche il proprio atteggiamento e comportamento sul campo sono meno identificabili rispetto ad una situazione in cui essi siano chiamati individualmente ad agire. Per fare un esempio, chi tira un calcio di rigore, in quel momento, è molto più identificabile che non durante il normale svolgimento del gioco e, di conseguenza, la sua prestazione è più evidente per chi osserva ed il suo livello di attivazione e stress più alto.

Quando i calciatori sono in gruppo, quest'ultimo "maschera" la rilevanza individuale della prestazione, il che spiega ad esempio, per quale motivo in altri sport come il nuoto o l'atletica, il rendimento di un atleta in una staffetta sia minore rispetto a quello individuale, determinando spesso che gli atleti chiamati in causa in questo tipo di competizione siano diversi da quelli notoriamente migliori nelle gare individuali.

Il gruppo determina una diminuzione dell'attenzione e dell'attivazione del singolo atleta, per cui più grande è il gruppo o la squadra, più probabile è che vi sia un calo della performance complessiva del gruppo. Se è vero che un gruppo troppo piccolo (sottodimensionato) è più soggetto a stress e stanchezza (con un calo della prestazione derivante da continui impegni in cui i pochi atleti sono chiamati in causa continuamente), è altrettanto vero che gruppi sovradimensionati, ossia con troppi calciatori, fa aumentare il senso di estraneità dei singoli atletia causa della creazione di sottogruppi, oppure della presenza di troppi giocatori per ruolo, il che rende poco individuabile il contributo di ciascun calciatore e, come tale, poco rilevante dal suo punto di vista.

Un tecnico richiede quindi un gruppo che abbia una dimensione adatta a mantenere elevata la concentrazione, ma allo stesso tempo non troppo ridotto da porre i calciatori in situazioni di stress. Difficile dire se esista un numero ideale di componenti di una squadra, tuttavia è possibile sostenere che l'effetto allocativo è chiaramente meno presente quando il gruppo è composto di un numero di calciatori tale da rendere distinguibile il loro contributo nell'economia complessiva del gruppo.

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