Siamo giunti alla giornata in cui debutteranno le prime due squadre sbarcate a queste semifinali di conference 2018. Oakland, California: sarà New Orleans Pelicans vs Golden State Warriors, e alla lettura rapida dei due nomi sorge subito il pensiero: “Sarà un passaggio a ciel sereno per gli Warriors”. Occorre semplicemente voltarsi per cambiare idea, abbandonare il presente e gettare uno sguardo al passato recente per far salire i dubbi riguardo alla serie. New Orleans pareva essere la squadra meno ideale per passare il turno già nel primo match up contro i Portland Trail Blazers; invece la storia è stata ben diversa da quella che i molti si aspettavano.
La squadra di Alvin Gentry è stata l’unica in grado di spazzare via gli avversari in quattro rapide partite, dove fase difensiva e offensiva si sono combinate alla perfezione. Tanti meriti vanno ad Anthony Davis, giocatore che dopo lo spazio liberato dall’infortunio di DeMarcus Cousins, ha ripreso la sua naturale posizione di centro. L’impatto è stato semplicemente devastante, il che potrebbe essere dovuto al fatto che la zona d’area sotto canestro in attacco sia diventata di esclusivo dominio di “The Brow”. Cousins è sempre stato un giocatore imponente e di presenza, dubbia invece è la sua incisività nelle squadre in cui ha militato nonostante le statistiche lo collochino tra i migliori centri della lega: 25.2 punti di medi con 12.9 rimbalzi.
Davis in questi playoff sta viaggiando a ben 33 punti in media, posizionandosi primo come migliore scoorer della post season. La necessità di un’ala grande ha portato all’arrivo di Nikola Mirotic, giocatore sottovalutato da molti, il quale però è stato protagonista di una serie di prestazioni di alto livello. Il suo innesto ha tolto fisicità rispetto al quintetto precedente, offrendo in contrasto una soluzione offensiva esterna che ha portato buoni frutti, vista anche la necessità di aiuti all’interno dell’area da parte delle difese quando Davis ha il pallone. Jrue Holiday è stato l’altro fattore per eccellenza determinante nella serie, il suo apporto difensivo è stato pazzesco, così come quello dall’altro lato del campo. La bilateralità del ventottenne ha messo in seria crisi Damian Lillard e CJ McCollum per tutta la serie. Ad aggiungersi alle abilità offensive e difensive della squadra, va la capacità di leggere il gioco del veterano Rajon Rondo, spettacolare creatore di assist per i compagni, ed in particolar modo per la colonna portante dell’attacco (Davis); non a caso l’ex stella dei Boston Celtics comanda la classifica degli assist nella post season: 13.3.
Tanti insomma i punti che possono portarci ad un dubbio per la serie a venire, gli stessi punti che hanno convinto Davis a dire che la sua squadra può giocarsela senza alcun dubbio: “Noi sappiamo che possiamo batterli. L’abbiamo già fatto in regular season, e in ogni partita persa eravamo sempre ben presenti in campo. Quindi sappiamo che abbiamo un buono scontro contro questi ragazzi e abbiamo molta fiducia in noi stessi. Ogni volta che segnano sappiamo che segneranno ancora, e prenderanno molti tiri, è difficile, dobbiamo uscire velocemente dalle loro azioni, spingendo e cercando di essere più rapidi”.
Il centro dei New Orleans ha ragione, la sua squadra è già riuscita nell’impresa di battere i campioni in carica durante la stagione, anche se va tenuto in considerazione che in quella partita (7 aprile) era assente Stephen Curry, per lo stesso infortunio che potrebbe tenerlo lontano dal campo nella prima gara di questa serie. La sua presenza è ancora incerta, i medici stanno valutando le sue condizioni per evitare di affrettare troppo i tempi e provocare ricadute dannose. Se è vero che i Pelicans sono riusciti a battere gli Warriors in regular season, è anche vero che tre delle quattro gare le hanno perse. Quanto possa valere quindi il rimando alle sfide concorse in stagione è molto relativo.
Profumo di speranza giunge anche dalle parole del coach Alvin Gentry, ottimista tanto quanto Davis per questa serie: “Dico sempre ai ragazzi che dovrebbero abbracciare questa opportunità di competere contro questa squadra, perché quello che hanno fatto negli ultimi quattro anni è stato fenomenale, davvero. Ti dà un grande indicatore su dove si trovi la tua squadra, e dove può arrivare”. Gentry sa bene il valore della squadra che sta per andare ad affrontare e non ne sottovaluta nulla, sia in presenza di Curry che in assenza. Ancora Davis si è espresso sugli Warriors, e sul fatto di quanto sia stimolante per lui giocarsi una serie contro campioni del genere, innanzitutto per misurarsi in quanto star ormai affermata: “È un’opportunità battere i campioni in carica. Questi ragazzi sono i difensori del titolo e cercare di batterli in una battaglia al meglio delle sette sarà divertente, e questo è l’unica cosa a cui dobbiamo pensare. Pensare a gara uno, vincere gara uno e ripartire da lì. Ma è una grande opportunità per tutti, da aggiungere al proprio curriculum, di provare ad uscire e battere i campioni dell’NBA”.
Magari ci si è scordati che proprio Gentry fu l’assistant coach di Steve Kerr nella corsa al titolo del 2015; su questo l’allenatore dei Pelicans ha scherzato, affermando di aver rubato un libro degli schemi di Kerr prima di lasciare la città. Ma chissà se proprio il passato di Gentry potrà tornare utile nel leggere alcune situazioni, quel che è certo è che quei giocatori gli ha conosciuti bene, anche se all’appello mancava un tassello forse importante: il numero 35, Kevin Durant. Questo nome potrebbe essere il più pericoloso nella testa del coach dei New Orleans, perché trovare una reale soluzione difensiva all’ex giocatore degli Oklahoma City Thunder non pare proprio una passeggiata. Interessante sarà vedere il ritorno di Steph in campo e gli adattamenti che potrebbero utilizzare i Pelicans, con un probabile Jrue Holiday a fare gli straordinari sul cecchino nato a Cleveland. Ci aspetta una serie dal fascino elevato, e solo il parquet ci dirà se saremo di fronte ad una sorpresa o alla solita squadra della California quasi imbattibile.