Bob Dylan come Godot, lo aspetti ma non arriva mai. Non per colpa sua, ceramente, ma il cantautore americano è da circa vent'anni al centro della diatriba che vede l'accomunarsi della musica "leggera" con la cultura "elevata" che ha sempre guardato all'ambito musical-melodico con un certo snobbismo. Il boato in sala alla nomina del vincitore è il segno evidente che i tempi stanno cambiando: il Premio Nobel per la Letteratura diventa finalmente appannaggio di quella è che oggi la più importante e accessibile forma culturale esistente.
La prima candidatura di Dylan arrivò addirittura nel 1996 ad opera di Gordon Ball, docente universitario della Virginia, cui ne sono seguite tante altre. Pare che nel 2013 fossero stati addirittura tre i cantautori candidati al premio: Dylan, Leonard Cohen e il nostro Roberto Vecchioni, tutti e tre meritevoli papabili vincitori, che però hanno dovuto attendere altri tre anni per vedere la loro categoria finalmente premiata, nella persona di Bob Dylan, con la seguente motivazione data dal comitato di Stoccolma: «ha creato una nuova poetica espressiva all’interno della grande tradizione canora americana».
E' il degno tributo a tutto ciò che Bob Dylan è stato nella sua carriera: non un semplice cantautore, ma un poeta, un cantastorie, un uomo che ha fatto della propria musica un'arte, che l'ha usata per raccontare la vita in tutte le sue sfaccettature. L'impegno sociale di Blowing in the wind e The times they’re a-Changin’, la denuncia dell'ipocrisia nella società americana di Like a Rolling Stone, l'amore di Boots Of Spanish Leather, o lo stupendo racconto in Hurricane di un pugile maltrattato e deriso senza un vero motivo, per semplice pregiudizio, e si potrebbe andare avanti per ore ad elencare l'immenso lavoro di un poeta, scrittore, attore, pittore, oltre che cantautore.
Non ce ne vogliano i puristi della letteratura, che in tanti si sono scagliati contro la decisione della giuria di Stoccolma, guadagnandosi il loro prezioso minuto di gloria con il più facile degli espedienti, quello della critica a tutti i costi, quello dello snobbismo più totale. Resta il fatto che oggi la musica ha superato un altro gradino, ha raggiunto finalmente lo status culturale che meritava, e che sia da monito anche ai tanti discografici che ogni giorno guadagnano sul più becero consumismo musicale, sui pezzi usa e getta e senza valore: la cultura e la qualità, ogni tanto, pagano ancora.