Il "Grande Torino": quando la storia diventa leggenda
Il "Grande Torino": quando la storia diventa leggenda.

Matt Busby (straordinario condottiero dei Red Devils) disse che il calcio non era una questione di vita o di morte, ma molto di più. Non si sbagliava.

Ci sono date destinate a rimanere nell'immaginario collettivo per chi allora c'era, ci sono storie di giocatori che prima di essere tali sono diventati uomini; uomini capaci di riscrivere la storia del calcio Italiano nell'immediato dopo-guerra vincendo, anzi stravincendo 5 scudetti consecutivi e diventando un patrimonio della società Italiana. Ci sono storie che vale la pena raccontare in eterno. Perchè quel 4 Maggio 1949 il Grande Torino diventò eterno.

Sono le diciassette di una brutta giornata d'inizio maggio. Torino è avvolta nella solita cappa di maltempo. Il muratore Amilcare Rocco sente un rombo divenire via via sempre più forte fino a farsi assordante. Il rumore  che gli passa in un lampo sopra la testa si trasforma subito dopo in un tonfo sinistro, quasi macabro. L'uomo esce di casa, cercando di scorgere cosa c'è al di là della nebbia. Sulla strada incrocia alcuni contadini della zona, tutti usciti per lo stesso motivo. Correndo sgomenti verso la basilica che domina il colle, gli uomini scorgono sempre più nitido il profilo scomposto di una carlinga, sormontata da una colonna di fumo nero.

Il cappellano, don Tancredi Ricca, è già lì che si aggira tra miseri resti di corpi umani, sparsi tra lamiere arroventate e focolai di incendio. Capisce ben presto che per quelle povere anime non c'è piu nulla da fare .

Sul colle, attorno alle salme, si continua a rovistare. Alcuni dei corpi sono quasi completamente svestiti per l'urto. Alcuni non hanno più volto. Valigie e pacchi regalo sono sparsi d'intorno. A un tratto qualcuno scorge due maglie di colore granata con lo scudetto tricolore e la verità passa davanti alle menti in un baleno:  lì si riconosce che è il Torino ritornato da Lisbona. La stessa verità che viene urlata di lì a poco in tutta Italia. I quotidiani della sera, usciti poco dopo in edizione straordinaria, vengono letteralmente strappati di mano agli strilloni. Già: al cospetto della Basilica di Superga, quella sera del 4 maggio 1949, si era immolata una squadra leggendaria, capace di dominare il calcio italiano come mai più sarebbe accaduto. Una squadra e una società assurti a modello assoluto e intoccabile.

I vigili del fuoco hanno ormai spento gli ultimi focolai. E' arrivato anche Vittorio Pozzo. Antica anima granata, conosce e ama quella squadra che anche lui ha contribuito a formare e che ha trasferito in azzurro quasi in blocco nell'ultima parte della sua epopea azzurra. Dal Torino il vecchio maestro si è distaccato a causa di un dissidio personale con Novo, proprio l'uomo che lo ha sostituito alla guida della Nazionale. Ma i ragazzi no, non c'entrano, per lui sono come figli.

Pioggia, nebbia e vento, compagni maledetti di quella giornata, non danno tregua: i morti vengono via via raggruppati sul piccolo piazzale dietro la canonica e coperti da un grande telone impermeabile. Quattro di essi sono stati scagliati molto lontano dal luogo dell'impatto. Ai piedi di un uomo  viene trovata una foto del Torino edizione '46-47. E' appena bruciacchiata ai margini,  dopo tre ore l'opera di ricomposizione è compiuta: si decide di trasferire il riconoscimento ufficiale al cimitero di Torino, dove il tragico corteo arriva alle 21. 

A poche ore dall'incidente, l'Italia è già in lutto: il Grande Torino era da tempo al di sopra del tifo di parte e delle beghe di campanile. Era l'orgoglio di tutti; un simbolo della rinascita italiana dopo le piaghe di guerra; un inno alla gioventù, alla forza, alla lealtà. In un attimo era finito tutto, per un guasto, un errore o chissà che altro. L'aereo sembrava ora un'invenzione perversa.

Il  giorno del funerale, Torino è una città distrutta: al passaggio delle salme in molti si inginocchiano singhiozzando, come se in quelle bare ognuno avesse lasciato un pezzo della propria giovinezza. I nome riecheggiano ad ogni tocco di campana: 

Quel giorno ci lasciarono...
Giocatori: Valerio Bacigalupo, Aldo Ballarin, Dino Ballarin, Emile Bongiorni, Eusebio Castigliano, Rubens Fadini,
Guglielmo Gabetto, Ruggero Grava, Giuseppe Grezar, Ezio Loik, Virgilio Maroso, Danilo Martelli,
Valentino Mazzola, Romeo Menti, Piero Operto, Franco Ossola, Mario Rigamonti, Giulio Schubert
Dirigenti: Arnaldo Agnisetta, Ippolito Civalleri
Allenatori: Egri Erbstein, Leslie Levesley
Giornalisti: Renato Casalbore, Renato Tosatti, Luigi Cavallero
Equipaggio: Pierluigi Meroni, Celeste DInca, Celeste Biancardi, Antonio Pangrazi.

Per più di cinque anni, quella squadra, quel mix di Marziani, considerata forse la rosa più forte della storia del calcio Italiano aveva portato allegria nella gente distrutta dalle brutture della guerra, per un calcio che allora era solamente puro divertimento e gioia per gli occhi, stadi pieni all'inverosimile e l'occasione per incontrarsi e ricominciare ad avere il gusto di parlare di democrazia. Il "Grande Torino" ha saputo unire gene di classi sociali diverse con rispettive idee politiche, ha emozionato e soprattutto ha dominato vincendo 5 scudetti consecutivi( dal 1942-43 al 1947-1948), sbriciolato ogni record come le 408 reti segnate e il record di presenze dei suoi giocatori in nazionale(10) in un'Italia-Ungheria 1947. Troppo bello per rimanere su questo pianeta. Perchè costoro erano dei marziani travestiti da uomini.

Forse era troppo meravigliosa questa squadra perché invecchiasse; forse il destino voleva arrestarla nel culmine della sua bellezza e gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto, ma soltanto "in trasferta".

Fonti: Almanacco Illustrato del calcio 2002-2003, Almanacco Illustrato del calcio 2006-2007, Cento anni di Toro (Franco Ossola)

                                                                                                          

                                                                                                                               

VAVEL Logo