4 vittorie e 20 sconfitte: questo è il record dei Cleveland Cavaliers dal 2014/2015 ad oggi quando LeBron James non scende in campo. Di queste 24 partite, 5 si sono disputate quest'anno e i Cavs non sono mai riusciti a vincere. L'ultimo esempio è stato fornito dalla sfida contro Detroit: nei 39 minuti con LBJ in campo, infatti, Cleveland ha chiuso con un differenziale pari a +18, ma nei restanti 9 con un preoccupante -23. Cifre che spiegano molto dei problemi dei campioni NBA.
A questo proposito, il numero uno del Draft 2003 ha preferito essere diplomatico: "Durante tutta la mia carriera mi sono sempre fidato del coaching staff e dei miei compagni. Ci saranno partite in cui spero di poter stare in panchina con i miei compagni in campo a gestire il vantaggio. Confido nel fatto che i miei compagni facciano le giocate corrette e, se va tutto bene, verrà fuori il meglio per noi. Miglioreremo. Dobbiamo essere più accurati nell'eseguire il piano partita sia in attacco che in difesa. Se riusciremo a farlo per 48 minuti, allora avremo una chance di vincere".
Tranne qualche pick and roll tra Irving e Thompson, il gioco di Cleveland passa quasi sempre per le mani del Prescelto, che con le sue incredibili doti di passatore riesce a pescare un compagno libero dall'arco - o comunque in ritmo e con un tiro relativamente non contestato - il taglio al ferro di qualcun altro (Irving in primis), senza trascurare gli spazi che si aprono quando decide di entrare nell'area avversaria. In questo modo riesce quasi sempre a mascherare i limiti di una squadra che, a ben vedere, non ha una vera e propria identità. A questo devono aggiungersi i problemi di Deron Williams, cui sono affidate le chiavi del gioco dei campioni NBA quando LBJ si riposa in panchina. L'ex Dallas, che deve ancora entrare in forma, è ancora un lontano parente del campione che fu e finora non è riuscito né ad essere un fattore sotto il profilo realizzativo, né a dare i tempi giusti in fase di costruzione a una squadra che, per natura, tende a giocare a ritmi alti solamente in maniera sporadica (pace pari a 98.8, nella Association in tal senso fanno meglio ben 14 team). Il tutto senza considerare i giocatori fermi in infermeria e l'incostanza di altri.
Non è un caso che in questa stagione il minutaggio di James sia salito rispetto, ad esempio, all'anno scorso, quando in regular season ebbe un impiego medio di 35.5 minuti (36.1 nel 2014/2015). In queste 63 partite, invece, la sua permanenza media sul parquet è di 37.6 minuti (addirittura 39.3 nelle ultime 5) e alcuni già si chiedono se questo potrà avere qualche ripercussione tra un paio di mesi, quando arriverà il "redde rationem" della stagione dei Cavs. Probabilmente, la differenza sta anche nell'approccio dei suoi compagni quando lui è in campo. La sua presenza, infatti, li stimola ad essere più attenti e attivi sul parquet, specialmente in attacco, con i restanti quattro che sono consapevoli di aver una possibilità di essere innescati dal loro leader.
Tuttavia, gli attuali problemi di Cleveland sono anche altri. Vittima di numerosi passaggi a vuoto, in continuo ritardo sui close out, lenti in transizione e negli accoppiamenti, poco reattivi a rimbalzo e tagliafuori pressoché inesistenti (eccezion fatta per Thompson, troppo spesso lasciato da solo nella lotta all'interno del pitturato), la squadra continua ad avere grossi problemi difensivi - 23esima nella Lega per efficienza difensiva, pari a 107.4, (per esempio, anche peggio di Minnesota). Il tutto senza contare i problemi di rotazione del front court, certificati dal fatto che coach Lue ha addirittura provato a sperimentare un quintetto con Derrick Williams da pivot. Ciò è avvenuto considerando anche le caratteristiche di Frye, che lo rendono pericoloso quasi esclusivamente in situazioni di pick and pop o comunque in azioni in cui si trova fuori dai 7,25 m.Il front office sperava di risolvere i problemi del reparto lunghi con l'acquisto di Bogut, il quale tuttavia si è infortunato subito dopo essere sceso in campo contro gli Heat.
Il GM Griffin si è così subito (ri)messo alla ricerca di un centro che possa dare un po' di riposo al suo numero 13. Il nome più "caldo" è quello di Larry Sanders, con il quale i Cavs erano in trattative già da prima di inserire lo stesso Bogut all'interno del proprio roster. Altri candidati sono Jared Sullinger, cui sono interessati anche gli Heat e sul quale ci sono molti dubbi di natura fisica, Anderson Varejao - opzione suggerita soprattutto dal cuore e dal romanticismo - e Eric Moreland, il quale attualmente gioca per i Canton Charge, la squadra dell'Ohio della D-League.
Senza dubbio una piccola attenuante per i Cavaliers è rappresentata dagli infortuni. A tal proposito, intanto, Tyronn Lue può consolarsi con il rientro di J.R. Smith, il quale avrà però bisogno di tempo prima di tornare a pieno regime - e probabilmente per ritrovare al 100% la sensibilità nel pollice della mano destra appena operato - dopo essere stato fuori per 36 partite. Per Kevin Love, invece, bisognerà attendere almeno altre 2-3 settimane. Sarà interessante vedere come e se Cleveland riuscirà a mettere insieme tutti i pezzi di un puzzle non così banale. Il titolo rimane un obiettivo alla portata, ma gli aggiustamenti da apportare non sono pochi.